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“Pensavo volesse uccidermi”: la testimonianza di un uomo che ha conosciuto Angelo Izzo molto da vicino

L’intervista rilasciata da un operatore culturale al sito mowmag.com fa davvero rabbrividire. 

L’uomo, le cui iniziali sono G.P., racconta di aver lavorato ad un laboratorio teatrale con Angelo Izzo mentre era detenuto nel carcere di Campobasso. Come noto, Izzo è il responsabile del massacro del Circeo e anche del doppio omicidio di Ferrazzano.

I due stavano producendo un libro a quattro mani, che si sarebbe chiamato “The Mob, la banda dei pariolini” e avrebbe narrato le vicende di un gruppo di giovani dell’alta borghesia romana degli anni ’70, che praticavano violenze sessuali nei confronti delle “pischelle”.

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“Era praticamente completato – racconta l’operatore culturale – Poi ho consegnato tutto alle forze dell’ordine perché potevano esserci elementi utili alle indagini. Alcune parti sono state pubblicate da alcuni giornali dell’epoca, ma io non ho mai chiesto niente. Mi avevano offerto delle grosse somme, però non ho voluto speculare sulla vicenda, anche se potevo sfruttare il momento per fare dei soldi”.

“Molti episodi facevano parte della sua vita – aggiunge – Io non credevo a tutto, c’erano anche evidenti reminiscenze letterarie. Non credo fosse tutto autobiografico”.

G.P. si sofferma poi sui permessi premio concessi ad Angelo Izzo, specificando che lui era contrario. Proprio durante uno di questi benefici, nel 2005, il serial killer mise a segno il massacro di Ferrazzano.

“Uno degli ispettori mi disse che avevo rischiato la vita”

“Stavo presentando un libro e un amico mi disse cosa era successo. Ci rimasi male, fu davvero un delitto efferato – racconta l’operatore culturale – Ma non fu una sorpresa, in qualche modo me lo aspettavo. Mi accorgevo che c’era qualcosa di strano”.

Izzo faceva parte di un’associazione culturale fuori dal carcere, “Città futura”, frequentata solo da detenuti.

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“Io sono andato un paio di volte a trovarli, ma dopo l’ultima decisi di non farlo più – afferma G.P. – Ad un certo punto mi prese da parte, volle che gli consegnassi il mio cellulare e gli tolse la batteria. Eravamo al quinto piano di un palazzo e ho pensato: “Addio…””.

L’operatore culturale era convinto che Izzo volesse ucciderlo. Sospetti tutt’altro che campati in aria: “In seguito uno degli ispettori mi ha detto: “Guardi che lei ha rischiato”. Avevo tante piccole sensazioni”.

Roberto Naccarella

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