Addio ad Angelo Licheri, l’uomo che cercò di salvare Alfredino Rampi

L’uomo si fece calare come volontario nel pozzo di Vermicino nella notte tra venerdì 12 e sabato 13 giugno del 1981. Rimase nella cavità per 45 minuti a parlare con il bambino

E’ morto a 77 anni Angelo Licheri, l’uomo che nella notte tra venerdì 12 e sabato 13 giugno del 1981 si calò nel pozzo di Vermicino per tentare di salvare Alfredino Rampi.

Licheri era ricoverato presso una clinica a Nettuno, vicino la capitale. L’uomo viveva in una casa di riposo nella zona a causa di una disabilità legata a un diabete molto aggressivo.

Licheri, originario di Cavoi, in Sardegna, ai tempi dei fatti di Vermicino aveva 36 anni, era padre di tre bambini piccoli e lavorava come autista per una tipografia romana.

A seguito della diretta no stop trasmessa all’epoca dalla Rai sulle operazioni di salvataggio di Alfredino, Licheri rimase talmente colpito da decidere di recarsi sul luogo della tragedia.

Fu una volta giunto lì che decise di offrirsi come volontario, decidendo di farsi calare nel pozzo. Licheri, ai tempi, era molto magro, e questo lo rese particolarmente adatto alla delicatissima operazione.

Tantissimi i messaggi di cordoglio sui social. Gli utenti, infatti, hanno voluto rendere omaggio all’uomo, definito come un eroe e come un simbolo dell’Italia altruista.

La storia di Angelo Licheri e Alfredino Rampi

Alfredino scivolò nel pozzo a 40 metri di profondità. Fra i primi ad accorrere sul posto vi fu proprio Angelo Licheri, che decise di offrirsi come volontario per farsi calare per primo nel pozzo artesiano.

Una volta calato rimase a testa in giù per 45 minuti, andando oltre il massimo consentito, scendendo per tutti e 60 metri di profondità.

L’uomo fece la sua discesa nella notte fra il 12 e il 13 giugno. Una volta calato riuscì ad avvicinarsi al bambino, tentando in ogni modo di allacciarli l’imbracatura per tirarlo fuori, ma la cinghia si spezzò.

Tentò così di prenderlo per le braccia, ma il bambino scivolò ancora più in fondo nel pozzo spezzandosi involontariamente il polso sinistro.

Alla fine, una volta superato il tempo massimo consentito, Licheri dovette risalire purtroppo senza il bambino.

In un’intervista del 2019 Licheri descrisse il momento in cui prese la mano del bambino: Gli ho tolto il fango dagli occhi e dalla bocca e ho cominciato a parlargli, dolcemente. So che capiva tutto. Non riusciva a rispondere ma l’ho sentito rantolare e per me era quella la sua risposta. Quando smettevo di parlare rantolava più forte, come per dirmi: continua che ti sto ascoltando. Dopo vari tentativi andati a vuoto, l’ultimo che ho fatto è stato prenderlo per la canottierina, ma appena hanno cominciato a tirare ho sentito che cedeva… E allora gli ho mandato un bacino e sono venuto via. “Ciao piccolino”.

 

 

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