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Sentenza shock, assolta l’angelo della morte Daniela Poggiali: è polemica

L’ex infermiera, inizialmente condannata a 30 anni di reclusione per aver procurato la morte di due pazienti, nota alla cronaca per il grottesco selfie, è stata assolta. E scatta la polemica

E’ stata assolta dalla Corte d’Assise d’Appello di Bologna perché “il fatto non sussiste” Daniela Poggiali, l’ex infermiera accusata di aver ucciso due pazienti nell’ospedale di Lugo, in provincia di Ravenna.

Una sentenza, questa, che sta generando una fortissima polemica e che entra in piena contraddizione con quella iniziale che la vedeva condannata a 30 anni. 

La storia di Daniela Poggiali, l’angelo della morte che scattava i selfie coi pazienti in agonia

I fatti risalgono al 2014 quando la Poggiali venne radiata dall’albo per vari trascorsi.

Fra questi uno in particolare, che balzò per la sua brutalità agli onori di cronaca: i grotteschi e indecenti selfie con i pazienti deceduti o in agonia. 

Ma ciò che fece scattare le indagini nei suoi confronti fu il sospetto aumento del numero di decessi durante le sue turnazioni. 

Nessuno, infatti, riusciva a capire come fosse possibile che i pazienti perdessero la vita proprio a ridosso dei turni dell’infermiera.

Poi l’arresto nell’ottobre del 2014 per il decesso di Rosa Calderoni avvenuto l’8 settembre di quell’anno. La condanna giunse nel 2016: ergastolo.

Per il tribunale di Ravenna, infatti, fu la Poggiali a procurare la morte della settantenne con un’iniezione di potassio. 

L’anno dopo, nel 2017, la donna venne scarcerata a seguito di un’assoluzione da parte della Corte d’Assise bolognese che aveva stravolto la sentenza di primo grado attribuendo il decesso della vittima a cause naturali.

La sentenza fu poi successivamente annullata dalla Cassazione che ordinò un appello bis, che si concluse il 23 maggio del 2019 con un ulteriore assoluzione, poi cancellata di nuovo dalla Cassazione che dispose, il 18 settembre, un appello ter.

Poi la condanna a 30 anni anche per la morte del 94enne Massimo Montanari, datore di lavoro dell’ex compagno dell’infermiera, deceduto nel marzo del 2014.

Decisiva la testimonianza della segretaria del defunto, la quale dichiarò di aver udito la Poggiali dire: “State attenti te e Montanari di non capitarmi tra le mani”. Minacce pronunciate il 3 giugno del 2009, esattamente 6 anni prima del decesso dell’uomo in corsia.

Un modus operandi, questo, che sembra rispettare, come da manuale, quello degli “angeli della morte”, un termine utilizzato nella criminologia per indicare una particolare tipologia di omicida seriale che agiscono nell’ambiente medico/ospedaliero.

Le vittime sono infatti pazienti che entrano in contatto con questi serial killer, nella stragrande maggioranza infermieri. Il modus operandi di questi ultimi è quello di somministrare farmaci potenzialmente letali ai pazienti o sostanze tossiche al fine di togliere la vita ai pazienti malcapitati.

E il caso della Poggiali sembra calzare alla perfezione.

E’ grande polemica sull’assoluzione di Daniela Poggiali

La sentenza di assoluzione, in assoluta discordanza con quella precedente, ha generato una gran polemica.

L’ex infermiera, oggi 49 anni, gioisce del risultato, come riportato da La Stampa: “Sono felicissima, non poteva che andare così, da domani (oggi, ndr) mi godo la mia famiglia” ha dichiarato.

Da segnalare, però, la possibilità che, dinanzi a un nuovo ricorso in Cassazione, il processo potrebbe essere nuovamente riaperto.

L’assoluzione dell’angelo della morte lascia sgomenti tutti, e genera una polemica senza precedenti. Conclamato, infatti, il fatto che durante i turni della Poggiali il tasso di mortalità fra i pazienti era risultato “tre-cinque volte superiore rispetto alla media degli altri infermieri”.

Su Twitter in tanti hanno commentato la sentenza-shock. E c’è chi protesta anche sul fatto che la Poggiali si sia definita persino felice, mancando totalmente di rispetto alle famiglie delle vittime, soprattutto dopo lo scatto degli a dir poco grotteschi selfie con il cadavere:

Martina De Marco

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