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Cultura

Giò Stajano tra scandali e lotta ai preconcetti | La vita oltre le regole della nipote di un gerarca fascista

Ricordiamo Giò Stajano, ovvero la “prima transessuale d’Italia” come venne definita dai giornali dell’epoca. 

Affrontare il tema della transessualità non è semplice, soprattutto in Italia, paese in cui la “figura” del transessuale è sempre stata, quasi automaticamente, collegata ad una sessualità sporca, insalubre e perversa. Sappiamo bene, infatti, quale stigma si appicci addosso alle persone che hanno il coraggio di vivere la loro vita, mostrandosi per quello che sono realmente.

Ma il coraggio, purtroppo, nella maggior parte dei casi non è sufficiente. Un po’ come è accaduto alla prof Cloe Bianco che si è data fuoco nel suo camper. La prof era stata discriminata sul posto di lavoro da quando aveva iniziato nel 2015 a portare abiti femminili, gli stessi che non andavano giù nemmeno alla politica locale che ha fatto pressioni, anche sui social, affinché si intervenisse.

Ma non solo. Mentre la stampa italiana ha esaltato, quasi più come un fenomeno, la prima transessuale d’Italia, sulla morte di Cloe si è espressa con estrema cautela, chiamandola perfino con il suo vecchio nome che non la rappresentava più e interpellandola ancora con il genere maschile. Uno schiaffo in faccia a chi ha lottato fino alla fine, preferendo la morte alla vita.

Eppure, per una volta vogliamo celebrare la vita nella sua pienezza e bellezza. La vita imperfetta di chi, più di 50 anni fa, ha deciso di squarciare quel velo di ipocrisia tutto italiano che faceva molto affidamento su una buona impressione, ad ogni costo. Stiamo parlando di Giò Stajano, la donna che sradicò le sue “radici” fasciste.

Giò Stajano, storia di un piccolo capolavoro umano

La storia di Giò Stajano, benché poco nota, è davvero affascinante. Grazie a lei, infatti, il movimento queer italiano ha avuto un importante punto di riferimento e un modello da seguire, prendendo a piene mani dal suo esempio, abbastanza rocambolesco.

Fonte: Facebook

Giò è nata come Gioacchino Stajano Starace l’11 dicembre 1931 ed era nipote del gerarca fascista Achille Starace, ovvero uno dei più stretti collaboratori di Benito Mussolini. Proprio per questo, come riportato da ‘Kabul Magazine’, a Giò piaceva sempre raccontare che, ancora neonata, fu l’unica persona a “pisciare addosso al Duce“. Il nonno, infatti, l’aveva data in braccio a Mussolini, ma la Stajano non parve gradire.

E’ però agli inizi degli anni Sessanta che Giò stravolge la sua vita e quella di un’intera nazione tanto che, prima ancora dell’operazione, la stampa parlò di Giò non come un’intellettuale vicina a personalità di spicco, come Giorgio De Chirico e Alberto Moravia, piuttosto come “l’omosessuale più famoso d’Italia”. Ma Giò, per quanto lusingata nella sua lotta pionieristica, è stata anche di più.

Sempre negli anni Sessanta, scrive sulla rivista ‘Men’ la rubrica “Il Salotto di Oscar Wilde”. Si è trattato per l’editoria italiana del primo spazio rivolto apertamente a un pubblico gay. Vent’anni dopo, però, arriva per Giò il momento di diventare ciò che era. Così nel 1983 vola a Casablanca per sottoporsi a un’operazione chirurgica di riattribuzione del genere.

Ma la sue verve scandalistica non l’ha mai abbandonata. Proprio per questo, cominciò a collaborare anche con alcuni fotoromanzi pornografici sulla rivista ‘Supersex‘, mandando in tilt un mondo in cui ancora la comunità LGBTQ+ faceva fatica a esprimersi. Giò è morta il 26 luglio 2011, dopo essersi avvicinata alla religione cattolica negli ultimi anni della sua vita, diventando anche una suora laica presso le monache di Betania del Sacro Cuore a Vische.

K. S.

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