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Esteri

Costretti a pagare per il proprio soggiorno in prigione: la condanna senza fine degli ex detenuti | Indebitati a vita

Vi siete mai chiesti come sia la vita degli ex detenuti una volta usciti dal carcere? Per nulla semplice, ma anche piena di debiti. 

E’ difficile pensare alla vita dopo il carcere. Eppure, una cosa è certa: dopo la punizione è difficile, in qualsiasi parte del mondo, poter ambire ad una sorta di redenzione e riscatto sociale. La prigione, infatti, gli ex detenuti se la portano addosso anche molti anni dopo, come uno stigma o una lettera scarlatta. Un po’ come è accaduto a Teresa Beatty che si sente ancora incarcerata dopo 20 anni dal suo rilascio.

Fonte: Canva

Ci troviamo negli Stati Uniti e, come riportato da ‘Associated Press’, quando la madre di Teresa è morta due anni fa, lo Stato del Connecticut ha messo un’ipoteca sulla casa che lei e i suoi fratelli avevano ereditato. Dovevano saldare un debito di 83.762 dollari, ovvero il costo della sua reclusione di 2 anni e mezzo per spaccio e possesso droga.

“Sto per essere un senzatetto”, ha affermato Teresa che ora ha 58 anni e dallo scorso marzo sta combattendo contro la legge. Uno prigioniero costa ogni giorno al Connecticut 249 dollari che poi gli ex detenuti, una volta usciti, dovranno restituire. Insomma, una doppia condanna per Teresa e non solo: “Sento di aver già pagato il mio debito con la società. Non credo sia giusto che io paghi due volte”.

Carcere made in USA: in cosa consiste il pay-to-stay?

Tutti gli Stati americani – tranne Illinois e New Hampshire che hanno abrogato la legge nel 2019 – si avvalgono del cosiddetto “pay-to-stay“, ovvero un obbligo nei confronti  dei prigionieri che sono costretti a pagare tutto il tempo trascorso dietro le sbarre. Chi sostiene questa pratica, afferma che sia necessaria, nonché legittima, in modo tale che così tutti gli Stati federali possano recuperare i milioni di dollari dei contribuenti, spesi per mantenere in piedi il complesso sistema carcerario statunitense.

Fonte: Canva

Chi critica la legge, invece, polemizza contro lo Stato che, in sostanza, applica una seconda ingiusta sanzione che ostacola la riabilitazione degli ex detenuti indebitandoli a vita. Tuttavia, le proteste hanno portato i loro frutti. Sempre il Connecticut, infatti, ha rivisto quest’anno il suo statuto, mantenendo il “pay-to-stay” in vigore, solo per i crimini più gravi, come l’omicidio, esentando così i prigionieri dal dover pagare i primi 50.000 dollari dei costi di incarcerazione.

Il 98% dei detenuti del Connecticut, così, non sarà più costretto a pagare i costi della loro incarcerazione. Però, lo Stato si è riservato la possibilità di poter riscuotere alcuni debiti carcerari, prima che la legge venisse modificata. Non è ancora chiaro, quindi, se anche Teresa Beatty potrà avvalersi della modifica della legge. Gli avvocati che stanno seguendo la sua causa, infatti, ritengono comunque il “pay-to-stay” una misura ingiusta a priori.

La 58enne riconosce di essere colpevole di spaccio e possesso di droga, ma nessuno le ha detto, quando è finita in prigione, che ogni giorno dietro le sbarre le sarebbe costato più di una notte in un albergo di lusso. Dopo la sua scarcerazione, Teresa è diventata un’assistente infermieristica professionista, eppure le sembra di essere ancora rimasta bloccata nel tempo, a 20 anni fa. “Mi sento disperata, mi sembra di aver fatto tutto questo lavoro invano”.

K. S.

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