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Donato Bilancia: la storia vera del serial killer dei record | Dalla tragica infanzia agli omicidi seriali

La vita, o meglio, le tre vite di Donato Bilancia, l’uomo che terrorizzò la Liguria, questa serà sarà in onda su Rai 2

Questa sera Rai 2 trasmetterà il documentario sulla vita di uno dei serial killer italiani più prolifici , che terrorizzò Genova e la Liguria sul finire degli anni Novanta: Donato Bilancia.

Sei mesi l’arco temporale in cui ha agito, un periodo che lui stesso ha definito “la mia consecutio temporum” , dal 15 ottobre 1997 al 20 aprile 1998.

17 in tutto le sue vittime, 9 uomini e 8 donne: un record, seppur triste, di persone uccise in un arco di tempo così breve.

Donato Bilancia: chi era il serial killer dei record

Nato a Potenza in una famiglia molto umile, Bilancia viaggiò molto nell’arco della sua infanzia, fino ad arrivare a stabilizzarsi in Liguria, precisamente a Genova.

Una vita, quella di Bilancia, che fin dall’adolescenza non si rivela particolarmente tranquilla.

Una vita di umiliazioni e soprusi famigliari

Con il padre in particolare i rapporti iniziano ad incrinarsi. L’uomo ha infatti la tendenza a picchiare sia lui che il fratello, diciotto mesi più grande di lui, per motivi futili.

Un evento significativo, in particolare, viene riportato nelle sue biografia ed è fortemente rappresentativo dei rapporti che intercorrevano con i suoi genitori.

Bilancia inizia a manifestare fin da piccolo a manifestare disagio. Inizierà ad un certo punto a soffrire di enuresi, bagnando il letto involontariamente la notte.

Da parte dei suoi genitori le reazioni erano a dir poco inappropriate: esponevano sul poggiolo in bella vista il materasso bagnato in modo che i vicini potessero vederlo, mortificando di continuo il giovane Donato.

Eventi, questi, che lo segneranno profondamente, al punto che lui stesso ne parlerà a distanza di anni.

Nella lunga corrispondenza avuta con lo psichiatra Vittorino Andreoli dopo l’arresto, Bilancia scriverà a riguardo:

Ricordo che morivo di vergogna anche perché nell’appartamento di fronte abitava un signore con una o due figlie (non ricordo bene) che avevano all’incirca la mia età e questo per me era ancora più insopportabile. A volte mi svegliavo di notte perché mi accorgevo di aver fatto la pipì nel letto e cercavo di asciugarla con il calore del corpo, in modo che al mattino la mamma non procedesse all’esposizione esterna.”

Un altro evento significativo viene raccontato dallo stesso Bilancia, che riferirà come, durante le vacanze estive, accadde che il padre gli abbassò giù i pantaloni e le mutandine davanti a tre cuginette per mostrare il pene poco sviluppato:

“In quel momento, io mi attorcigliavo su me stesso, cadendo in ginocchio sul letto, morto di vergogna… Questo è stato l’evento che mi ha crocefisso per il resto della vita, riferirà il killer.

Dalle rapine al gioco d’azzardo

Il disagio vissuto nella prima fase della sua vita lo porta fin dall’età di 15 inizia a commettere rapine e piccoli reati.

Il futuro killer inizia a farsi spazio anche nel mondo del gioco d’azzardo, al punto da guadagnarsi il nomignolo di Walterino nelle bische del capoluogo ligure.

Walter, infatti, è proprio il nome che Donato scelse per la sua “nuova vita”.

In questo periodo Bilancia si contorna di persone che gli sono vicine unicamente per interesse.

Le attività illecite iniziano ad andare sempre meglio, e Bilancia diventa sempre più ricco, e non è un caso che si definirà “il miglior ladro professionista in circolazione”.

Il suicidio del fratello e il tradimento dell’amico

La vita sociale e umana di Donato Bilancia, però, non migliora.

Oltre ad essere sfruttato dalle persone attorno a lui, arrivano tre disgrazie una dopo l’altra.

Lo segna, in particolare, il suicidio del fratello nel 1987, che si butta sotto un treno con il figlio di 4 anni, nipote prediletto a cui il killer era legatissimo.

Segue poi il fallimento del negozio che aveva acquistato e un gravissimo incidente stradale da cui ne esce in terribili condizioni.

A queste disgrazie, si legge su latelanera.org, Donato Bilancia reagisce nel modo che conosce meglio: gioca d’azzardo, spende soldi per donne a pagamento e ruba.

In questo periodo Bilancia si isola sempre di più.

Dopo la morte del fratello, infatti, non si fida di nessuno ad eccezione di quello che considera l’unico vero amico: Maurizio Biscazziere.

È il 1997 quando lo sente vantarsi in una bianca di aver fregato “quel pollo di Bilancia” per avergli fregato 400 milioni di lire in poco tempo in un gioco truccato.

Ed è lì che scatta il primo istinto omicida.

“Non so cosa è successo nella mia testa. Ero furioso. Ho pensato questi due li devo uccidere”.

E alla fine li ucciderà davvero. Il primo della coppia di truffatori lo uccide la notte del 15 ottobre 1997 soffocandolo in casa in modo lento, per farlo soffrire e spiegandogli la ragione.

Nove giorni dopo spara un colpo in testa all’amico traditore e due alla moglie di lui.

È lì che capirà quanto è facile uccidere.

Ed è sempre lì che inizia la lunga lista di vittime. Alla coppia di amici traditori segue una coppia di orefici, fatti fuori durante una rapina a Genova.

Segue poi l’uccisione di un cambiavalute di Ventimiglia, poi un metronotte.

Cadono poi vittime del killer quattro prostitute scelte casualmente.

Come riportato da RaiNews, Bilancia non lascia tracce fino al 24 marzo del ’98, quando a Novi Ligure due metronotte affiancano l’auto del killer che si era appartato con una transessuale.

Scendono, lui spara dei colpi alla testa uccidendoli e si gira sparando alle spalle a Lorena, credendo di averla fatta fuori.

Riesce però a sopravvivere, aprendo un vaso di pandora su quella lunga scia di sangue che Bilancia aveva lasciato dietro di sé.

Le indagini e l’arresto: “Non sono otto ma diciassette omicidi. Si sieda che le racconto”

Durante le indagini, però, il serial killer ligure compie due altri omicidi clamorosi.

E’ la settimana di Pasqua del 1998, è sempre in Liguria. Sul treno sceglie casualmente due donne da far fuori, e quel duplice omicidio scatena il panico in Italia.

Si capisce, infatti, che ci si trova dinanzi un serial killer.

Ad aiutare le indagini l’uomo che gli aveva venduto la Mercedes, a cui arrivavano ancora le multe dell’auto diventata poi di proprietà di Bilancia.

E le multe prese, 41 in tutto, corrispondono parzialmente ai luoghi dove erano stati commessi i delitti irrisolti.

Grazie a dna prelevato da una sigaretta fumata seduto ad un bar, Donato Bilancia viene arrestato alle 11 del mattino del 6 maggio 1998.

Gli attribuiscono 8 omicidi e, dopo non aver opposto resistenza, chiama il magistrato, chiede sigarette e acqua e dichiara: “Tutto quello che ho fatto, lo so solo io, perché l’ho fatto da solo. E non è un omicidio, non sono otto omicidi, ma sono diciassette. Ora le racconto”.

Bilancia, reo confesso, verrà condannato a 13 ergastoli.

La sua mente affascinerà studiosi di ogni settore, forse per la sua fredda crudeltà e l’assenza di rimorso o forse anche per il fatto che la carriera da killer di Bilancia aveva due facce: uno carnefice, l’altra da vittima del mondo.

Martina De Marco

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