Blue Whale, Jonathan Galindo e Blackout Challenge: i social mettono a rischio la vita dei più giovani?

Dal Blue Whale alla Blackout Challenge, tutti i fenomeni pericolosi del web: i social mettono in pericolo la vita dei più giovani?

Tra i tanti pericoli nascosti che si annidano nel web per tutti gli utenti meno smaliziati, negli ultimi anni si sono diffusi una serie di fenomeni il cui scopo sarebbe quello di portare i partecipanti a commettere un suicidio. Tutto ha avuto inizio con il Blue Whale, una challenge composta da una serie di sfide la cui prova conclusiva consisteva nel commettere un suicidio.

Per mesi si è parlato di numeri sconvolgenti di suicidi di giovanissimi soprattutto in Russia, di possibili fenomeni di emulazione in altre parti del mondo e persino in Italia. La portata del fenomeno è stata acuita dai media che hanno funto da cassa di risonanza e ingigantito il numero di casi, senza verificare che fossero realmente accaduti. Non si può escludere che sia stato anche l’allarmismo creato attorno alla challenge a spingere alcuni adolescenti a cercare la sfida in rete.

Challenge pericolose: da Jonathan Galindo alla Blackout Challenge

Il Blue Whale è stato fonte d’ispirazione della Jonathan Galindo Challenge. Il personaggio è stato preso da una foto realizzata da un produttore di effetti speciali nel 2010: Samuel Catnipnik. Quell’esperimento non aveva nulla a che fare con quanto successo dopo: nel 2013 quella particolare maschera è stata utilizzata per girare dei video hard, ma è nel 2019 che la creazione di Catnipnik si tramuta in una leggenda metropolitana. Un utente social, tale Jonathan Galindo54 condivide una falsa storia secondo cui un uomo disturbato con indosso quella maschera stazionava nei pressi della sua abitazione.

La storia è diventata virale ed in breve tempo sono apparsi centinaia di contatti con la foto di Jonathan Galindo e la storia secondo cui un uomo travestito da Pippo spingeva i minori ad una challenge che si concludeva con un suicidio. Anche in questo caso la notizia è stata riportata dai media con una certa dose di allarmismo, tramite notizie poco approfondite e non confermate in cui si parlava di numerosi suicidi causati dalla challenge.

In queste ore si sta parlando della Blackout Challenge, ovvero una sfida in cui i partecipanti devono stringersi il collo con corde, o mani, per provare l’ebbrezza del soffocamento. La sfida finale consisterebbe nello stringere fino a perdere i sensi e rinvenire. La sfida è emersa in queste ore perché una bambina palermitana di 10 anni ha subito un arresto cardiocircolatorio e si pensa che stesse partecipando alla Challenge su Tik Tok.

Come prevenire i pericoli delle challenge sul web

Che si tratti di fenomeni diffusi o di singoli episodi è necessario prevenire che i più giovani vadano incontro a simili pericoli. E’ importante fare dei corsi di prevenzione nelle scuole per allertare i giovani alunni e spiegare loro che non bisogna dare ascolto ad estranei sul web e sui social. Lo stesso servizio andrebbe offerto dai media, con speciali in cui non si parla solo dei presunti casi di suicidio, ma in cui si cerca di offrire ai ragazzi le armi per difendersi da simili trappole.

L’episodio di Palermo, così come la morte del piccolo Igor, sono dei campanelli d’allarme da ascoltate, ma anche degli sproni ad approfondire la problematica. La bimba come è venuta a conoscenza di questa challenge? Perché bambini e ragazzini non ancora in grado di comprendere i rischi hanno acceso a simili contenuti e contatti?

Tik Tok, ad esempio, ha da poco attivato delle misure di sicurezza per i minori di 16 anni, attraverso le quali impedire ai bambini di entrare a contatto con persone più grandi e possibili malintenzionati. Esiste la possibilità di limitare la navigazione ai figli attivano il parental control sia su Pc che sugli smartphone. Simili strumenti sono necessari in una prima fase di contatto dei bambini con il web e andrebbero suggeriti e spiegati ai genitori.

 

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