Da panacea del male a male in sé: crescono i disturbi d’ansia da “dipendenza da Google”

Un altro effetto collaterale di questa pandemia che costringe tra le mura domestiche, è senza dubbio l’uso smodato, diventato vero e proprio abuso, dei dispositivi informatici e della connessione dati.

La psicoterapista Philippa Walsh ha avvertito che la “dipendenza da Google” è un fenomeno in netto aumento: “Essendo parte integrante delle nostre viste, noi usiamo internet più che mai e per qualunque ragione: per leggere il giornale, per ricevere indicazioni stradali, per fare compere o per cercare informazioni sulla nostra celebrità preferita. È accessibile 24/7 e questo lo rende un mezzo appetibile da usare se tu hai un dolore alla spalla durante la notte o semplicemente hai bisogno di rassicurazione per qualunque cosa di preoccupi”.

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Cherelle Farruggia e il suo tentativo di suicidio

Al ‘Daily Star’ la psicoterapeuta Philippa Walsh ha parlato di questo nuovo disordine d’ansia di cui soffrono molti dei suoi pazienti e che avrebbe addirittura spinto una mamma a tentare il suicidio dopo aver trascorso 9 ore online.

La donna di 28 anni, Cherelle Farruggia, ha detto di aver accusato i sintomi di una crisi di dipendenza, “tremavo, avevo attacchi di panico”, e che tutto era incominciato ‘innocentemente’, cercando su internet rimedi contro l’ansia e consigli sulla maternità.
La dottoressa Walsh addita il problema in maniera molto diretta: “Sfortunatamente l’ansia può scaturire da eventi apparentemente innocui, ma può subito aumentare e diventare estremamente pericolosa. Purtroppo per Cherelle, la sua preoccupazione per la sua salute l’ha divorata e l’ha condotta a tentare il suicidio”.

Cercando su internet consigli sulla propria condizione, la giovane donna è entrata in contatto con stimoli altamente ansiogeni e la sua apprensione è sfuggita dal controllo razionale. Ancora la dottoressa: “In tutti i casi di disturbi d’ansia che tratto, Google è spesso usato come mezzo per alleviare le preoccupazioni dei pazienti, un mezzo però che esaspera questa preoccupazione“.

Il consiglio della dottoressa è quello di non fare troppo affidamento su un mezzo di ricerca personale che rimanda quel che noi cerchiamo. La cosa più appropriata è invece chiedere l’aiuto di chi sa ascoltare e chi ha un punto di vista più lucido per analizzare la situazione.

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