La Canalis dice no al “pensiero unico” ed è opinion leader per Salvini e su Dagospia

Tutti possono dire quello che gli pare, parrebbe.

Ma finché quello che dicono è affine al nostro modo di vedere.

Insomma: tutti possono dire quello che ci pare.

E’ quanto emerge nel dibattito attuale, francamente poco appassionante, tra i nemici del politicamente corretto e i fautori del supposto pensiero unico (quale pensiero unico? Ho realmente difficoltà a individuarlo con precisione).

C’è tanta confusione e troppo spesso si mettono tanti aspetti assieme.

Si mette il diritto di parola e d’espressione contro il dovere di difendere chi viene offeso da certe parole.

Si danno patenti di intellettualismo mentre si dice di no a eventuali altri opinion leader.

Siamo al muro contro muro, all’ennesimo voi contro noi.

Per parecchio tempo è stato i migranti contro gli italiani (che sarebbero dovuti venire prima).

Adesso – in attesa che si torni a temere la supposta crisi dei migranti – è benpensanti (o buonisti, cheppoi erano gli amici dei migranti) contro politicamente scorretti (e pensare che amavo così tanto il termine, ai tempi in cui politicamente scorretti erano i cartoons di Italia Uno soltanto).

Ed è questa la dicotomia che ci mostra Giovanni Sallusti, autore del libro ‘Politcamente Corretto – la dittatura democratica’ e di una lettera a Dagospia in cui mette assieme, in unico discorso, postmodernità e Michela Murgia, Fedez ed Elisabetta Canalis:

“La postmodernità è quell’aggeggio spaziotemporale bislacco in cui attribuiamo a Michela Murgia il titolo di “scrittrice” (lo stesso utilizzato per Virginia Woolf) e in cui il volto dell’ “intellettuale impegnato” è transitato dalle fattezze di Sartre a quelle di Fedez. Per cui sì, Elisabetta Canalis può ben dire delle cose filosoficamente rilevanti, anzi le ha dette”.

Fedez
– che sul palco del Concertone del primo Maggio si schiera a favore del ddl Zan – non può essere “intellettuale impegnato”, è emblema dei mala tempora.

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Ma Elisabetta Canalis dice delle cose “filosoficamente rilevanti” se scrive – su una piattaforma nota per dissertazioni filosofiche come Instagram: “Vedo con preoccupazione persone completamente fuori di testa che ci impongono via social cosa sia giusto o sbagliato, cosa dobbiamo dire o cosa NON dobbiamo, tutto in nome dell’uguaglianza o dei pari diritti”.

La Canalis, via social, può dirci che possiamo dire tutto.

“Penso che la direzione che stiamo prendendo è quella del dovere esprimere un pensiero a senso unico, censurando e censurandoci per il terrore di essere bollati come misogini, omofobi o razzisti”: scrive ancora la Canalis.

Spesso penso che l’eventuale autocensura (che vivo costantemente eh, sia ben chiaro) sia semplicemente quella che un tempo avremmo chiamato educazione.

Perché potrei dire che la Canalis non ha titolo a parlare in quanto ex velina e cosa mi rappresenta il pensiero di una velina.

Ma non lo faccio, perché sarebbe poco educato e frattanto credo che chiunque possa dire qualcosa di interessante qualche volta (non particolarmente in questo caso).

Oltre al fatto che autocensurarmi significherebbe non dover dire la mia a tutti i costi (come viceversa sto facendo in questa occasione).

Ma mi sono sentito quasi in obbligo di farlo, spinto quasi da una sorta di legge dell’attrazione che mi ha messo dinnanzi alla succitata lettera su Dagospia e mi ha proposto Salvini nelle tendenze di Twitter

Nell’arco di un solo pomeriggio, la Canalis (che per altro è stata uno dei miei sogni d’adolescente sebbene non so se posso dirlo o meno, ché magari è maschilismo ed è anche giusto che ci pensi su prima di dirlo, eventualmente) proposta due volte come opinion leader.

Che sia anche questa voglia di imporre un pensiero (che sarebbe letteralmente unico, se non la pensassi diversamente da voi)?

Così, la butto lì.

Non me ne vogliate.

Per me potete dire sempre ciò che preferite.

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