Scattavano di nascosto foto a compagni e docenti e poi li pubblicavano online, accompagnando le immagini con commenti denigratori, spesso a sfondo sessuale: 300 studenti di una scuola di Cuneo, già sospesi dall’istituzione, ora rischiano provvedimenti penali ben più seri.
12 classi diverse e 300 alunni uniti nel proposito di diffamare il prossimo. A Cuneo, più precisamente a Caraglio, tra i banchi di una scuola media, l’istituto Riberi, si è consumato un fatto di gravità assurda, in quanto i colpevoli sono giovani, forse troppo per essere così smaliziati, e perché non tutti riconoscono la propria responsabilità in quello che accaduto.
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Il macro gruppo di 300 ragazzi infatti scattava di nascosto foto a compagni di classe, di scuola, docenti e personale scolastico al fine di metterlo sui social online, accompagnando le immagini con frasi offensive di diversa tematica e tenore, parolacce e insulti, tal volta arrivando alle insinuazioni sessuali.
La dirigente dell’istituto, la professoressa Raffaella Curetti, colei che ha disposto la sanzione, ha commentato l’accaduto, avvolgendolo di una patina ancora più triste: “Alcuni hanno ammesso le loro responsabilità, i più hanno negato. Moltissimi hanno riconosciuto di aver visto le immagini. Amareggia che nessuno abbia ritenuto di fermare questa catena, segnalando la cosa ai genitori o agli insegnanti”.
I ragazzi infatti, colpevoli e complici, minimizzano l’accaduto: “era solo per ridere, è tutto uno scherzo“. Il provvedimento preso dalla dirigente consiste allora nell’obbligo di riflettere su quanto commesso: i ragazzi, nonostante la sospensione, hanno l’obbligo di frequenza, solo che invece che studiare le classiche materie, saranno tenuti a passare al vaglio della critica della loro coscienza quel che è successo, solo per un giorno.
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Il fine è quello di responsabilizzare i ragazzi, ché ogni azione del singolo, all’interno di una società, ha ripercussioni che non possono che essere collettive. Nessuno sulla scuola si sente di parlare di bullismo, nessuno mira a una punizione, solo la volontà di maggiore consapevolezza: “sia per una questione legale che per una questione di rispetto, abbiamo chiamato anche i carabinieri con cui spesso collaboriamo. In una società tutti siamo tutti responsabili”.
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