Il processo a Roberto Mancini, gli Italiani che scendono dal carro ma “magari i Mondiali li vinceremo anche”

E’ risaputo. Siamo un popolo di santi, poeti e allenatori.

Ed è abbastanza noto anche che amiamo salire e scendere dai carri, in base a come vanno le cose.

E così il noto passo del De Imitatione Christi – Sic Transit Gloria Mundi – assume nel nostro Paese un significato ancor più forte.

Perché in Italia, in tutti gli ambiti, la gloria è realmente passeggera.

Lo sanno gli azzurri di Mancini, campioni d’Italia quattro mesi fa, messi alla berlina per una qualificazione al Mondiale quantomeno in bilico.

Un pareggio a Belfast, dove nessuna squadra del girone aveva mai segnato e dove l’Italia – i due precedenti – non aveva mai vinto, anzi: il 15 gennaio del 1958, perdendo per 2-1, non ci qualificammo per la prima volta per un mondiale.

Passò alla storia come il disastro di Belfast.

A quei tempi, sulla panchina, c’era Alfredo Foni – che dopo il disastro lasciò la guida della Nazionale.

Stavolta c’è Roberto Mancini, che ha regalato all’Italia il secondo titolo europeo della sua storia circa quattro mesi fa, ma che ha visto mezza Italia (se non più) gettarsi dal suo carro.

Già prima della gara, ad onor del vero, si respirava aria di disfatta: perché si giocava a Belfast, perché mancava un centravanti, perché era troppo tempo che non si praticava l’amato tiro al commissario tecnico.

Perché la colpa, in una buona parte delle analisi lette / ascoltate, è di Roberto Mancini.

Ma chi avrebbe dovuto convocare, mi e vi chiedo?

Ho letto da qualche parte persino il nome di Mario Balotelli, uno dei più grandi sprechi di talento nella storia recente del calcio italiano.

5 reti in 10 gare con la casacca dell’Adana Demirspor, in Turchia, e per alcuni il possibile salvatore della patria.

Ho sentito parlare – nello spazio serale di Sportitalia, con un parterre d’eccezione tra allenatori pluriesonerati e dirigenti con qualche poco onorevole squalifica alle spalle – Luca Mastrangelo.

Invocava il giovane Lorenzo Lucca come salvatore della patria.

Classe 2000, un’altezza da cestista (oltre i due metri) e 6 reti in 12 gare in serie B con la casacca del Pisa, dopo 13 reti in 27 partite in serie C con quella del Palermo.

Non escludiamo si possa fare e ce lo auguriamo per tutto il movimento calcistico, ma pensare che Lucca possa risolvere l’annoso problema del centravanti è un’illusione: ricordo un certo Gianuca Lapadula segnare a raffica in serie C e in serie B (a raffica, davvero) per poi mostrarsi come un normale attaccante in serie A.

E’ il calcio, il gap tra le categorie è immenso, con buona pace di Mastrangelo che il pallone credo l’abbia visto a malapena in tv.

E’ il calcio, che è fatto di episodi, perché se è vero che magari Arnautovic non in fuorigioco ci butta fuori agli ottavi e noi gli europei ce li scordiamo, se Jorginho – quel Jorginho che una buona parte d’Italia vedeva pallone d’oro e ora non lo vorrebbe vedere nemmeno in campo – non sbaglia uno dei due rigori con la Svizzera magari siamo già qualificati al Mondiale e non avremmo iniziato i processi all’Italia e a Mancini e al sistema del calcio italiano.

Processi che ho visto in tv su ogni canale, con analisi durissime su ogni sito.

Convengo con chi parla di problemi strutturali e convengo con l’ottima analisi di  Giancarlo Padovan per calciomercato.com, di cui riporto un solo passaggio – in merito al fatto che è possible qualcuno si sia un po’ montato la testa dopo il successo continentale: “qualcuno crede davvero di essere campione o fuoriclasse ignorando che quelli veri sanno ricominciare ogni volta da zero e hanno sempre voglia di vincere”.

A questo aggiungo che l’esaltazione complessiva dell’ambiente trasformatasi in un centinaio di giorni in puro disfattismo può aver fatto il suo.

E che ieri sarebbe andata male, lo sentivamo in molti.

La speranza adesso è che questa mancata qualificazione diretta possa rappresentare un bagno d’umiltà e che magari qualcuna delle eterne promesse (Kean e Zaniolo in primis) possa definitivamente sbocciare.

Io, personalmente, rimango sul carro manciniano e – sempre parlando di speranze – spero siano profetiche le sue parole:

“Ai Mondiali ci andremo passando dai play off di marzo e magari li vinceremo anche, chissà…”

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