Lush dice addio ai social: “Stiamo parlando di suicidio qui”

A partire da venerdì (giorno del Black Friday) Lush, rivenditore di cosmetici britannico, specializzata in prodotti fatti a mano e cruelty-free, non è più attiva sui social network; questa nuova policy sarà in vigore in tutti i 48 paesi in cui l’azienda opera. Si tratta di una scelta che ha fatto discutere sin da subito: il settore dei cosmetici, infatti, così come quello della moda, ritrovano nei social la loro vetrina principale di visibilità e pubblicità, ma dietro a questa decisione c’è un’idea ben precisa.

Il CEO di Lush, Mark Constantine, ha spiegato di essere “felice di perdere” 13 milioni di dollari, più o meno quasi 12 milioni di euro, fino a quando Facebook, TikTok e Snapchat non saranno in grado di mettere in atto misure volte a offrire un ambiente più sicuro ai propri utenti, soprattutto per la salute mentale degli adolescenti, quotidianamente bombardati da immagini di corpi e vite perfette, con cui è difficile reggere il confronto.

La chiusura degli account Facebook, Instagram, TikTok e Snapchat a livello globale venerdì, è maturata a seguito della crescente preoccupazione da parte dell’azienda per i danni causati dai social media, sulla scia delle rivelazioni dell’informatore di Facebook Frances Haugen. La Haugen sostiene, infatti, che il colosso dei social media dà la priorità all’engagement, cioè relazioni robuste e longeve, e alla crescita degli utenti a discapito della sicurezza online.

Ha anche fornito un’ampia raccolta di documenti interni che dimostrerebbero come gli algoritmi di Facebook amplifichino l’odio e l’estremismo online, quelli in grado di tenere più attiva l’attenzione su Facebook stesso, e non proteggano i giovani dai contenuti dannosi; ma l’impero di Zuckerberg non sembra per nulla intenzionato a risolvere questi problemi.

Il futuro di Lush lontano dai social

“Nello stesso modo in cui sono state ignorate e sminuite per decenni le prove contro il cambiamento climatico, così ora le preoccupazioni sui gravi effetti dei social media vengono ampiamente ignorate”, ha dichiarato la società nel suo comunicato stampa all’inizio di questa settimana.

L’annuncio di Lush ha costituito un ulteriore azzardo, perché arrivato a ridosso del Black Friday; ma il marchio si aspettava già che perdere il suo canale diretto, dove proporre sconti e promozioni, con milioni di clienti potesse danneggiare le sue attività. Tuttavia, l’amministratore delegato Mark Constantine ha accettato questo compromesso.

“Sono felice di perdere 11 milioni di euro abbandonando Facebook”, ha spiegato al Guardian, riferendosi ai soldi (13,3 milioni di dollari) che si aspetta che la società possa perdere chiudendo i suoi account. Secondo il The Guardian, gli account Facebook e Instagram di Lush raccoglievano un totale di 10,6 milioni di follower.

“Ci siamo rafforzati durante il periodo del Covid, questo non ci distruggerà”, ha detto sempre Constantine a The Guardian, aggiungendo che Lush non aveva “scelta” data la ricerca di Meta sull’impatto negativo di Instagram sulla salute mentale delle ragazze adolescenti: “Stiamo parlando di suicidio qui, non di brufoli o se qualcuno dovrebbe tingersi i capelli di biondo” – ha continuato Constantine – “Come possiamo affermare di essere un’azienda premurosa se consapevoli di questo ci giriamo dall’altra parte?”

Lush ha preso posizione pubblicamente su vari temi sociali negli ultimi anni e in precedenza ha lasciato Facebook e Instagram nel 2019 perché stanca di combattere con gli algoritmi, anche se alla fine è tornata sulle piattaforme. Ma Lush non è la sola: molti importanti inserzionisti hanno boicottato le piattaforme Facebook e Instagram di Meta nel 2020 dopo la morte di George Floyd per mano degli agenti di polizia, solo per tornare mesi dopo.

Questa volta, però, l’azienda britannica non è intenzionata a fare marcia indietro, si è impegnata, infatti, a rimanere fuori dai social media: “Non l’abbiamo fatto come trovata pubblicitaria, l’abbiamo fatto per motivi genuini“, ha detto Constantine sempre al The Guardian, aggiungendo che se il marchio avesse invertito di nuovo la rotta, sarebbe davvero “uno zimbello”.

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