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Renatino e l’omaggio allo sfruttamento lavorativo: perché lo spot della Parmigiano Reggiano fa discutere

Il nuovo spot del Parmigiano Reggiano sta spopolando sul web, ma non positivamente: tantissime, infatti, le polemiche nate sulla pubblicità che, a detta di moltissimi utenti, celebra lo sfruttamento lavorativo. Cosa sta succedendo

Sta facendo discutere il web intero il nuovo spot del Parmigiano Reggiano. Se infatti l’azienda aveva l’intenzione di celebrare la genuinità del prodotto e l’amore dei lavoratori nella produzione del formaggio forse più conosciuto al mondo, ha subito un vero e proprio effetto boomerang oltre che, sicuramente, l’effetto opposto rispetto a quello sperato.

La pubblicità, diretta dal regista Paolo Genovese e lanciata sui canali ufficiali nel settembre scorso, ha fatto adirare moltissimi utenti sul web secondo i quali lo spot non fa altro che celebrare in modo imbarazzante lo sfruttamento lavorativo.

Vediamo nel dettaglio cosa sta accadendo

Renatino, il Parmigiano e lo sfruttamento lavorativo

Lo spot inizia all’interno di uno degli stabilimenti di produzione della Parmigiano Reggiano dove un gruppo di giovani ragazzi viene “scortato” nel sito produttivo dall’attore romano Stefano Fresi.

Quest’ultimo esordisce così:

“Nel Parmigiano Reggiano c’è solo sale, latte e caglio. Nient’altro e nel siero ci sono i batteri lattici. L’unico additivo è Renatino, che lavora qui da quando aveva 18 anni, tutti i giorni. 365 giorni l’anno.”

I visitatori rimangono stupidi dalle parole di Fresi, che li accompagna a visitare la storica azienda: “Ma davvero lavori 365 giorni l’anno? E sei felice?” chiede esterrefatta una delle giovani visitatrici, una domanda a cui “Renatino” risponde fiero e orgoglioso: “Sì”.

Quello che emerge da queste battute, dunque, è il fatto che Renatino, nonostante lavori ogni giorno della sua vita, debba essere in qualche modo orgoglioso di farlo, perché lo fa per produrre il Parmigiano Reggiano.

Un messaggio che però non è stato gradito da moltissimi utenti, che hanno interpretato quanto detto nello spot come una esaltazione dello sfruttamento lavorativo.

Una pagina Instagram ha posto in evidenza l’utilizzo del diminutivo, l’atteggiamento di infantilizzazione del lavoratore e la confidenza gratuita da chi “fa la gita in fabbrica come fosse allo zoo”, oltre al fatto che si etichetti come “dedizione” quello che è, in realtà, uno sfruttamento lavorativo.

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Sempre sulla stessa pagina Instagram è stato fatto notare che i commenti di elogio spesi dai “visitatori” che affermano “Renatino sei un grande” e ancora “Sei il meglio” vadano a rafforzare il concetto per cui “se ti lasci spremere come un limone, magari guadagnerai la stima di altri”.

Ma il punto di non ritorno viene dopo, quando con quello stupore un po’ borghese il gruppo di visitatori chiede al povero Renatino:

“Cioè tu non hai mai visto il mare?”
“No”
“Parigi?”
“No”
“Sciare?”
“Neanche”

Con questo passaggio, effettivamente, se prima si poteva lasciare il margine di dubbio circa le intenzioni dello spot, la polemica nasce facile.

Il risultato? Cringe, come direbbe il popolo del web, che non ha lesinato critiche aspre verso le scelte comunicative della storica azienda nostrana, anche con ironia:

Martina De Marco

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