La guerra in Ucraina ha delle conseguenze anche su OnlyFans: ecco cosa succede

Abbiamo imparato che la guerra non risparmia nessuno, e mentre il ministro degli affari esteri russo Sergej Viktorovič Lavrov seraficamente annuncia che nessun attacco è stato sferrato dalla Russia sull’Ucraina, il resto del mondo, in maniera differente e più o meno dolorosa, sperimenta cambiamenti sulla propria vita che sembrava fino all’altro ieri scandita da scelte scontate ed inossidabili.

Onlyfans

Anna Mukydza, onlyfans russa, ha notato per la prima volta che qualcosa non andava sul suo account OnlyFans quando ha ricevuto un messaggio da parte di un abbonato che le diceva che non era più in grado di pagare. In un’intervista rilasciata a Euronews Next, Anna ha spiegato cosa sta accadendo al momento: “Le persone non potevano rinnovare l’abbonamento e, una volta che è arrivato il momento di rinnovarlo, è stato automaticamente rifiutato e le persone sono state eliminate”.

Mukydza è uno dei tanti creatori di contenuti su OnlyFans in Russia e Bielorussia i cui account sono stati sospesi in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. Come molti altri, usa la piattaforma per produrre e vendere contenuti per adulti, che secondo una sua stima rappresentano fino al 40% del suo reddito, quasi metà delle sue entrate quindi provengono proprio da video e foto vietati ai minori di 18 anni; ma che ora hanno incontrato un’imprevedibile battuta d’arresto.

Questione di ban

Pochi giorni dopo, il suo account era tornato attivo sulla piattaforma, ma con un costo altissimo: Anna, infatti, ha perso a causa del conflitto in corso in Ucraina e del relativo isolamento internazionale sulla Russia circa un quarto dei suoi abbonati e quasi 1.000 euro di vendite.

“Non capisco però perché non estendano il divieto anche agli utenti russi, sono passabili di ban solo i creatori di contenuti russi“- ha spiegato Anna sempre a Euronews Next – “Quindi pensano che i leader del governo abbiano OnlyFans e pubblichino le loro foto di nudo monetizzandoci su? O il ban è per i leader russi, così che non possano più vedere le mie foto di nudo?”

In una dichiarazione ufficiale, OnlyFans ha affermato di aver ripristinato gli account dei suoi creatori russi, spiegando come la pausa fosse arrivata dopo che le istituzioni finanziarie del paese sono state colpite da sanzioni che hanno limitato la loro capacità di elaborare transazioni internazionali: “Non stavamo chiudendo o sospendendo nessun account in base alla propria nazionalità o posizione geografica attuale, ma stiamo facendo tutto il possibile per supportare la nostra comunità”, ha dichiarato la società a Euronews Next.

Russia: il paese proibito

Ma dopo aver fornito la propria versione dei fatti, un’altra creatrice, Sophia (nome di fantasia), ha inviato screenshot dall’app OnlyFans che sembravano mostrare che il suo documento d’identità russo fosse stato rifiutato dal processo di verifica perché proveniva da “un paese o Stato proibito“.

Impossibilitata a verificare la sua identità, Sophia ha perso abbonati e non è stata in grado di gestire la sua pagina sulla piattaforma. Inoltre, sempre a Euronews Next, ha raccontato di non essere stata in grado di prelevare i suoi guadagni: “I termini di utilizzo di OnlyFans garantiscono alla piattaforma la possibilità di trattenere i guadagni per un tempo indefinito. Avevo in programma di emigrare dall’inizio dello scorso anno, dopo che le manifestazioni  sono state brutalmente represse e dopo che il leader dell’opposizione russa Alexei Navalny è stato imprigionato” – ha continuato – “Devo prelevare 200 dollari, capisco che per alcuni possa sembra una piccola somma, ma per me sono ancora tanti soldi”.

Ma i problemi economici non stanno ricadendo solo sulla Russia: il suo alleato più vicino al momento, incomincia pure ad intravedere difficoltà all’orizzonte. Oltre ai lavoratori russi, infatti, anche i bielorussi su altre piattaforme hanno avuto problemi a continuare le proprie attività a causa dell’impatto delle sanzioni.

Una delle conseguenze più significative è avvenuta il 1° marzo quando l’amministratore delegato della società estone di ridesharing, Bolt, ha annunciato l’immediata sospensione delle attività della società in Bielorussia, motivando la sua scelta come una presa di opposizione contro l’invasione russa.

Al momento del ritiro di Bolt dalla Bielorussia, i conducenti contavano migliaia di passeggeri, così come riportato dalla società a Euronews Next: “Provenendo dall’Estonia, conosciamo fin troppo bene il valore della libertà“, ha scritto l’amministratore delegato di Bolt, Markus Villig, riferendosi all’occupazione del Paese da parte dell’Unione Sovietica che si è conclusa nel 1991, dopo la dissoluzione dell’URSS.

Ma Bolt non è stata la sola azienda a sostenere una scelta così forte e grave. Il 5 marzo, il servizio di streaming di proprietà di Amazon, Twitch, ha inviato un’e-mail ai suoi content creator russi annunciando loro che non sarebbero più stati in grado di ricevere pagamenti su conti bancari russi, scatenando il panico tra i creatori: “L’ho letto e non potevo crederci”, ha dichiarato uno streamer russo di Twitch che ha chiesto a Euronews Next di rimanere anonimo.

“Ho trasmesso in streaming su Twitch negli ultimi cinque anni” – ha continuato – “Twitch è sempre stata la mia casa, il mio posto sicuro nel mondo. Un posto pieno di felicità, videogiochi, risate in cui trascorrere grandi momenti di spensieratezza.” Lo streamer anonimo ha fatto anche presente come Twitch sia stato per lui anche una delle principali fonti di reddito.

Insomma – che che se ne pensi – stiamo parlando di una nuova categoria di lavoratori, simbolo del nostro millennio, che si è inventata da zero una nuova professione grazie alle opportunità offerta dalla rete e dai social e che ora si ritrova in una situazione di grave recessione economica, vedendo distrutto da un giorno all’altro il proprio mondo, i propri guadagni, nonché la propria vita.

Quando, infatti, anche PayPal, un processore di pagamento di terze parti, nonché Visa, Mastercard e American Express hanno lasciato la Russia, hanno portato con sé ogni speranza di essere pagati. “Non credo che Twitch ce l’abbia coi russi. Le sanzioni, però, non hanno lasciato loro letteralmente scelta” – ha confessato amaramente lo streamer – “A meno che Twitch non possa pagare in criptovalute, cosa che dubito accadrà mai, l’unico modo per loro è trattenere tutti i pagamenti per gli streamer russi finché non potranno pagarli di nuovo in un modo o nell’altro”.

Chi sta pagando il prezzo della guerra?

Per i creatori russi di OnlyFans, la situazione instabile causata dalla guerra ha rivelato i rischi di lavorare su una piattaforma internazionale strettamente controllata e gestita da altre persone in tutt’altra parte del mondo, globalizzato fino all’altro ieri: “Non credo più alle dichiarazioni di Onlyfans. Dicono che non hanno nulla contro di noi, eppure mi portano via la mia unica fonte di reddito”, ha detto Sophia sempre a Euronews Next.

Lo streamer di Twitch, invece, ha dichiarato di aver compreso perché così tante compagnie occidentali abbiano scelto di tagliare i legami con la Russia, dopo che questa aveva invaso l’Ucraina: “McDonald’s – che ha annunciato la chiusura dei suoi 850 fast food russi – da solo paga 147 milioni di dollari (132 milioni di euro) di tasse al governo russo ogni anno. Se fossi in loro, non vorrei che quei soldi andassero a sostegno di crudeltà, dolore e morte di persone innocenti” – ha detto – “Tuttavia, dobbiamo tutti capire che quelle aziende danno lavoro anche a decine, se non centinaia di migliaia di russi. Le persone stanno perdendo il proprio lavoro e un modo per fare i soldi nel momento in cui ne hanno più bisogno”.

Infatti, non è un segreto che al momento a pagare il prezzo più alto della guerra, oltre ovviamente i civili ucraini, sono proprio i russi, molti dei quali sono scesi, consapevoli dei rischi che correvano, in strada pur di manifestare contro questa guerra che non volevano, colpiti anche loro dalle sanzioni economiche scelte dagli USA e dall’Europa.

I figli del benessere

Molti creatori, inoltre, sono giovanissimi e non hanno percezione né l’idea di cosa significhi vivere in guerra, in una condizione di smarrimento e privazione costante ed indeterminata, sono figli del benessere e della parte più fortunata del mondo, quella che non poteva più essere intaccata dalle bombe e dai missili.

Mukydza ha raccontato anche di aver ricevuto supporto da altri creatori di OnlyFans all’estero, ma che la sua esperienza con la piattaforma l’ha lasciata ora desolata: “Stavo facendo i miei contenuti su OnlyFans da otto mesi consecutivi senza ferie o giorni liberi e poi improvvisamente hanno deciso di interromperlo. Ha influito sulla mia vita e sulla mia psiche. Mi sentivo una persona inutile che curava la sua pagina per niente”.

“Alla fine spero che ci siano persone in grado di separare la guerra dall’economia, nel mio caso dall’industria per adulti che è Onlyfans. Non mi occupo di nessuna stupida raccolta di crowdfunding per una bomba nucleare o altro” – ha detto – “Sono solo una ragazza, che posta foto e video sulla sua pagina”.

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