La versione ucraina di Bella Ciao e il suo significato nascosto: da inno alla resistenza a inno all’odio

Com’era prevedibile “Bella Ciao“, prodotto impropriamente commerciale per eccellenza, è diventato il simbolo della resistenza ucraina che si batte contro l’invasore russo, e non è la prima volta che accade. Il canto partigiano nostrano, infatti, era già risuonato a Kiev nel 2014 dopo le proteste di EuroMaidan, con un testo riadattato contro il presidente Viktor Yanukovich, soprannominato “Vitja”, presidente fantoccio sotto la salda guida di Vladimir Putin: “Addio! Non ritornare! O Vitja ciao, Vitja ciao, Vitja ciao-ciao-ciao. Perché sia libera la nostra Patria fino alla fine noi lotteremo”, e questo ancor prima che “Bella Ciao” spiccasse il volo internazionalmente a causa del successo mondiale de “La Casa di Carta”.

Khrystyna Soloviy

Segno questo che il canto partigiano non morirà mai e troverà sempre terreno fertile ogni qual volta ci sarà violenza, oppressione e repressione nel mondo, ma fino ad un certo punto. “Bella Ciao”, infatti, suo malgrado è stata vituperata, brandizzata e cannibalizzata da chiunque creda possa bastare intonare due strofe per sentirsi dalla parte dei giusti, a prescindere dalle proprie azioni o dalla propria viltà, distaccandosi anche la maggior parte delle volte dal significato originario della canzone, un po’ come sta avvenendo in questi giorni.

L’ira Ucraina

Sta spopolando sui social la versione ucraina di “Bella Ciao” cantata da Khrystyna Soloviy, popolare artista folk, che ha riadattato il canto partigiano italiano, producendo una nuova versione che s’intitola “L’ira ucraina” e recita così:

“Una mattina presto, senza preavviso. La terra iniziò a tremare e il sangue ci fece ribollire Missili che scendevano, carri armati senza fine. Il vecchio fiume Dnepr ruggì con rabbia. Missili che scendevano, carri armati senza fine. Il vecchio fiume Dnepr ruggì con rabbia. Nessuno lo pensava, nessuno se lo aspettava. Quello che poteva essere la vera rabbia del popolo ucraino. I nemici maledetti senza pietà li distruggiamo. Quei nemici maledetti che la nostra terra invadono. I nemici maledetti senza pietà li distruggiamo. Quei nemici maledetti che la nostra terra invadono. Le nostre difese hanno i migliori ragazzi. Solo veri eroi combattono nell’esercito ucraino. E i javelin – lanciarazzi anticarro – e i bayraktar – droni militari – combattono per l’Ucraina e uccidono i russi. E i javelin e i bayraktar combattono per l’Ucraina e uccidono i russi. E il nostro potente popolo, la gente dell’Ucraina ha già unito il mondo intero contro i russi. E molto presto li sconfiggeremo. Presto li distruggeremo. E conquisteremo la nostra libertà. E ci sarà di nuovo la pace. Presto li distruggeremo. E conquisteremo la nostra libertà. E ci sarà di nuovo la pace”.

Insomma, la canzone, forse l’unica, violenta e non universale nel mondo, si è trasformata in un inno alla rabbia, alla ferocia e all’odio verso i russi, lasciando nelle retrovie l’invasor generico, rappresentazione di un più ampio concetto di dittatura e oppressione. Certo, è normale, nonché giustificato disprezzare i russi, o per meglio dire Putin, per le sue azioni scellerate contro il popolo ucraino, meno lo è trasformare una canzone dedicata alla libertà in un inno di brutalità contro i russi, molti dei quali sono scesi in piazza, consapevoli dei rischi che avrebbero corso, per manifestare contro una guerra che non volevano, vittime collaterali anche loro di una propaganda che distorce la realtà in cui vivono e si muovono.

 

Anche perché, la giovane cantante ucraina, forse nasconde molto di più di quello che mostra cantando e mimando il gesto della gola sgozzata. Su Twitter infatti, come notato da ‘Mowmag’, oltre alla versione inedita di “Bella Ciao”, è stata rilanciata nei giorni scorsi una foto piuttosto emblematica postata in precedenza su Facebook dalla 29enne, diventata eroina della resistenza ucraina.

Sono stati postati, infatti, un paio di stivaletti su cui campeggia la frase “Nostro padre è Bandera”, per chi non lo sapesse, Stepan Bandera è stato un politico ucraino, leader dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) e fondatore dell’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA). Aderente all’ideologia fascista, fu un criminale di guerra e terrorista, che collaborò con la Germania nazista durante la seconda guerra mondiale per combattere contro i sovietici in Ucraina. Quando le truppe sovietiche si ritirarono da Leopoli, con l'”Atto di restaurazione dello Stato ucraino”, annunciò la creazione di uno Stato ucraino indipendente e dichiarò di voler sostenere i piani espansionistici nazisti, giurando fedeltà ad Adolf Hitler.

Proprio per questo, la sua figura rimane controversa poiché è ritenuto, insieme ai suoi seguaci, in gran parte responsabile del massacro di civili polacchi e in parte dell’Olocausto in Ucraina, mentre nel suo Paese al termine della guerra fredda è stato insignito dell’onorificenza di Eroe dell’Ucraina. Tuttavia, è anche vero che i gruppi di estrema destra in Ucraina oggi sono legati alla figura leggendaria di Bandera, a cui “Bella Ciao” sicuramente non sarebbe piaciuta.

Meglio credere però che la Soloviy questo non lo sappia, sarebbe abbastanza strano, nonché oltraggioso, infatti, far risuonare un canto – simbolo della Resistenza italiana contro il nazifascismo – di liberazione da qualsiasi tipo e forma di fascismo, estremismo ed oppressione in un ambiente fortemente nazionalista e fascista, con buona pace di chi al momento elogia la giovane artista, portavoce dell’ira ucraina.

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