Omicidio Yara Gambirasio, incredibile svolta nel caso: l’Italia intera è sconvolta

Sono passati più di dieci anni dall’omicidio di Yara Gambirasio. Quando è stata ritrovata, tre mesi dopo la sua sparizione, non si riusciva a comprendere chi avesse mai potuto farle del male. Sono stati mesi di ipotesi, ricerche e depistaggi, fino a che, dal DNA sugli indumenti di Yara, non si riesce a risalire Massimo Bosetti.

bossetti yara

Bossetti, muratore di Mapello incensurato, viene arrestato il 16 giugno 2014. Il suo DNA nucleare, risultato sovrapponibile con quello dell’uomo definito “Ignoto 1”, è stato rilevato sugli indumenti intimi di Yara nella zona colpita da arma da taglio e ritenuto dall’accusa l’unico riconducibile all’assassino.

A Bossetti si arriva attraverso un lungo percorso iniziato dalla scoperta che l’aplotipo Y del DNA di “Ignoto 1”  è identico a quello di un frequentatore di una discoteca vicina al luogo del ritrovamento del corpo dal quale, tramite l’esame di vari soggetti del ramo familiare con profilo genetico via via più strettamente correlato, si risale a Giuseppe Guerinoni, autista di autobus di Gorno deceduto nel 1999, identificato come il padre naturale di “Ignoto 1”. Solo dopo molti tentativi si riesce a risalire ad Ester Arzuffi, la donna il cui DNA nucleare corrisponde alla metà materna del profilo di “Ignoto 1”.

La difesa, tuttavia, ha contestato la prova genetica per la mancanza di DNA mitocondriale di Bossetti nella traccia genetica rinvenuta ed esaminata. E lo stesso Bossetti si è sempre dichiarato fin da subito innocente, sostenendo come il trasferimento di DNA su alcuni attrezzi sia stato accidentale, proprio perché gli sarebbero stati rubati, e sporchi del suo sangue a causa di epistassi, di cui soffrirebbe regolarmente, siano stati utilizzati per compiere l’omicidio. La moglie di Bossetti ha sempre sostenuto, inoltre, che il marito era con lei a casa la sera del delitto.

Ma distanza di anni, il caso di Yara è stato riaperto e proprio su volere di Bossetti, intenzionato a chiedere la revisione del processo.

Il mistero di “Ignoto 1”

La procura di Venezia sta indagando, nel riserbo più totale da parte degli inquirenti, proprio sul DNA rinvenuto sugli abiti di Yara Gambirasio. A far riaprire le indagini, sono state la presunta frode in processo e il depistaggio, entrambi elementi denunciati da Bossetti. Il problema riguarda le tracce biologiche individuate per arrivare all’Ignoto 1 che non hanno mai convinto del tutto la difesa, la quale si è vista rigettare lo scorso anno la richiesta di riesaminare i reperti, soprattutto le tracce di DNA, confiscati dopo la sentenza definitiva.

Eppure, gli stessi legali hanno ammesso che il campione usato per estrapolare il DNA dell’ignoto 1 non sarebbe più utilizzabile, si può quindi considerare una prova dato il suo definitivo esaurimento? Ma non solo. Come riportato dal ‘Corriere della Sera’, nella denuncia di Bossetti si parla di campioni prima scomparsi e poi ricomparsi e del sospetto che il materiale confiscato sia stato conservato in modo tale da farlo deteriorare, un’accusa gravissima che se fosse accolta metterebbe in discussione lo stesso iter processuale che ha portato alla condanna del muratore, ma d’altronde lui si è sempre professato innocente, in virtù anche della poca chiarezza aleggiata attorno all’ignoto 1.

Ma anche se al momento non è trapelato molto, pare che l’inchiesta sia già alle battute finali e finora non sarebbe emersa alcuna prova di un comportamento doloso. Tuttavia l’avvocato Salvagni, legale di Bossetti, intervistato sempre dal ‘Corriere’, ha così commentato la denuncia da parte del suo assistito: “Pendono altri due ricorsi in Cassazione per ottenere l’autorizzazione a riesaminare quei reperti, che però ancora non sappiamo in che condizioni siano e che tipo di danni possano aver subito trasferendoli dall’ospedale San Raffaele, dove erano custoditi inizialmente, ai magazzini dell’Ufficio corpi di reato. L’obiettivo della denuncia di Bossetti è proprio di sapere se sono ancora utilizzabili o se qualcuno, magari interrompendo la catena del freddo indispensabile per la buona conservazione dei campioni, abbia compromesso per sempre la possibilità di effettuare dei nuovi studi sul Dna di “Ignoto 1”.

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