La bomba di Panorama su Open: in tre giorni 4 fake news – cosa hanno scritto?

Panorama fa scoppiare una bomba sul sito di Enrico Mentana, noto come sito anti bufale ma smascherato dopo aver pubblicato, nel giro di tre giorni, almeno 4 fake news. Il caso

Negli ultimi anni a seguito della pervasiva diffusione sui social e su canali Telegram di tantissime fake news, sul web sono nati alcuni siti finalizzati a “smascherare” quelle che sono le notizie non veritiere.

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Fra questi si è fatto strada in questo settore il giornale fondato da Enrico Mentana, ‘Open’, che ha messo in piedi una vera e propria squadra di “smascheratori” con l’obiettivo di confutare notizie false che si diffondono online a macchia d’olio.

L’impegno mediatico del giornale in tal senso è stato tale da far nascere una collaborazione con il colosso Facebook (ei fu, ora Meta), dando vita a una partnership che ha come obiettivo la lotta alla disinformazione.

Come segnala Panorama, la squadra di Mentana fa parte di una rete di cui sono membri altri 80 “fact-checker” indipendenti che monitorano costantemente “le notizie false e fuorvianti diffuse in Italia e all’estero, fornendo un costante servizio di corretta informazione”.

Indubbiamente lodevole, se non fosse che, sempre Panorama, abbia a sua volta dovuto smentire “lo smentitore”.

La rivista ha sganciato una bomba sul sito di Mentana riguardante proprio la diffusione di fake news che sono state pubblicate sul loro stesso giornale, scatenando un’enorme polemica.

Open, da “fact checker” a sito di fake news: l’inchiesta di Panorama

Non ci va piano con la questione Panorama, che pone in evidenza come, nel giro di soli tre giorni, il sito abbia pubblicato ben quattro notizie di fonti ucraine che non hanno alcuna attendibilità.

Il primo degli articoli riguarda una terribile foto di una donna torturata con una svastica incisa sul ventre. Lo scatto era stato postato per la prima volta dalla deputata di Kiev Lesia Vasylenko, e poi ricondivisa dal consigliere di Zelensky Oleksiy Arestovych, scrivendo che si tratta del corpo torturato di una donna che è stata ritrovata nei pressi di Gostomel.

Lo scatto è stato poi pubblicato da Open, come si legge sul sito di Panorama, in un post che titola così: “Le storie di donne e bambini torturati a Irpin“.

Ma le cose non stanno realmente così. A dire la verità sulla questione è il giornalista Maurizio Vezzosi, che ha spiegato che il corpo, fotografato da lui stesso in prima persona, sia stato rinvenuto nei sotterranei di una scuola a Mariupol prima base del battaglione Azov. 

Open ha poi dovuto rettificare quanto pubblicato, rimuovendo il tweet e ammettendo, inizialmente, che la foto fosse stata scattata a Mariupol.

Ma il punto è un altro. Il sito ha infatti sorvolato, come chiarisce Panorama, sul fatto che la donna sia stata ritrovata nella base del battaglione Azov. Alla fine, anche il consigliere di Zelensky ha rimosso il post.

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(Screen da Panorama)

Ma la questione non si conclude qui. Sempre nel medesimo articolo, lo stesso in cui si fa riferimento alla donna torturata, a detta di Open, dai russi, si fa riferimento alla storia di Alina, una donna ucraina che racconta una storia di barbarie. 

A pubblicarla è Repubblica, ma la riprende a sua volta Open.

Una storia a dir poco grottesca secondo la quale al loro arrivo i russi, dopo aver fucilato gli adulti di questa famiglia, avrebbero a lungo violentato un bimbo e sua sorella prima di ucciderli.

A una ragazza, inoltre, sarebbe stata disegnata una Z sul ventre.

I corpi, recuperati, sarebbero stati analizzati al fine di raccogliere il DNA dei violentatori.

Questa storia è stata inizialmente diffusa dalla giornalista ucraina Alina Dubovska, che ha ammesso di non aver controllato che la notizia fosse vera. La stessa, che confessa di aver riportato quello che era il racconto del parente, decide di rimuovere l’articolo dopo che la notizia ha fatto il giro del mondo.

Ed è a seguito delle dichiarazioni della giornalista, che si è scusata pubblicamente riferendo che il cugino in questione ha paura di parlare che Open rimuove il contenuto, specificando ai suoi lettori della smentita della fonte originaria.

Stessa storia per un articolo sul massacro a Bucha.

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Come si può vedere in questa foto e come specifica Panorama, in questo articolo si è fatto riferimento ai presunti responsabili della strage sono riconducibili ai membri dell’unità 51460, partiti dall’ “Estrema Russia orientale” per recarsi in Ucraina.

Compare persino la foto del gruppo di barbari massacratori, ma Panorama smentisce nuovamente: la foto risale al 2019.

A gettare ombra ulteriore su quella che è stata la notizia di Open l’intervista dell’inviato de Il Manifesto Luigi Di Biase che, riuscendo a intercettare alcuni dei soldati che vengono raffigurati nella foto, fa sapere che si tratta di un gruppo di coscritti che hanno “lasciato l’esercito da mesi”, chiarisce il giornalista, e che non hanno mai visto l’Ucraina in vita loro e che vivono in Yakutia.

Nessuno, però, smentisce la notizia. 

Come d’altronde quella riguardante i presunti forni crematori utilizzati dalla Russia per bruciare i corpi sia di donne che di bambini.

Open riporta la notizia, specificando che la fonte sia la vicepremier dell’Ucraina Irina Vereshchuck a SkyTg24.

Sebbene Open non pubblichi una foto annessa, sui social ha iniziato a circolarne una dove si vede un camion che, si pensa, sia una sorta di forno crematorio ambulante.

Ma in realtà non è così. Si tratta, infatti, del frame di un video presente su Youtube dal 2013 di proprietà della Turmalin, un’azienda che produce inceneritori.

In conclusione, quel che emerge è che da parte di Open non siano arrivate scuse in merito, né smentite per quest’ultima notizia che, come le altre, non è stata sottoposta alla rigida procedura di fact-checking che la testata è solita applicare al resto del mondo.

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