Orche in cattività, continua il dibattito | La storia agghiacciante dell’orca serial killer

Un’orca ha provato a mordere alcune persone e poi si è “suicidata” sbattendo violentemente la testa in maniera volontaria contro la parete della piscina.

Un caso non di certo isolato che apre nuovamente il dibattito su una annosa questione: questi esemplari devono o non devono essere tenuti in cattività?

Si tratta di un quesito che gli animalisti non prendendo nemmeno in considerazione: sicuramente un’orca che solitamente nuota per migliaia di chilometri al giorno non è felice se viene posta in cattività in una piccola piscina di qualche centinaia di metri (a dire tanto).

Eppure, nel mondo esistono al momento 58 esemplari di orca che vivono in cattività e vengono esposti negli zoo oppure nei parchi acquatici.

Si tratta di esemplari che sono stati catturati mentre nuotavano in mare aperto oppure di cuccioli nati in cattività da questi stessi esemplari (le situazioni, è evidente, sono ben diverse).

S’è tornato a parlare dell’eticità – o meno – di far vivere le orche in cattività in dopo che è riemersa una drammatica storia della fine degli anni ’80, riproposta da diverse realtà tra cui il Mirror.

Parliamo del caso di Hugo – che è stato catturato quando aveva tre anni e trasportato al Miami Seaquarium in Florida, dove ha vissuto per oltre 12 anni – causando più di un incidente (come raccontato in ‘Dietro il Sorriso Dei Delfini’, libro del 1988 di Richard O’Barry).

Non solo incidenti: Hugo era così infelice a causa della sua vita in cattività che si è “suicidato” sbattendo ripetutamente la testa contro le mura della piscina.

Una fine tremenda che testimonia come le orche non siano fatte per vivere rinchiuse in spazi per loro evidentemente angusti.

Ma quello di Hugo non è l’unico caso noto, giacché ve n’è altri che hanno visto gli umani diventare vittime degli animali che loro stretti avevano costretto in un ambiente evidentemente non consono.

Tilikum, l’orca serial killer

Parliamo del caso del caso Tilikum, un’orca coinvolta in una serie di ben tre morti.

Più che un’orca assassina – un’orca serial killer.

Corre l’anno 1983 quando Tilikum – un esemeplare maschio di orca – viene strappato via dalla sua famiglia nelle acque al largo della costa islandese e messo in una vasca di cemento nello zoo marino di Hafnarfjördur, vicino a Reykjavík (capitale dell’Islanda, per i meno avvezzi alla geografia).

Spedito in una struttura negli States (il parco acquatico Sealand of the Pacific) Tilikum soffre dapprima la convivenza con altre due orche femmine, che l’aggredivano costantemente per affermare il dominio in quella che è una società matriarcale.

Ed è il 1991 quando l’orca uccide per la prima volta un essere umano: è la studentessa di biologia marina, nuotatrice e lavoratrice part time del Sealand of the Pacific Keltie Byrne a rimanere uccisa.

Usata come un vero e proprio pupazzo, la 21enne è stata di fatto fatta affogare dinnanzi allo sguardo terrorizzato dei colleghi, per cui è stato impossibile fare alcunché.

Durante un calvario durato 10 minuti, la giovane è riuscita ad affiorare in superficie due volte, mentre le sue urla inquietanti echeggiavano nell’ambiente.

Emersa per una terza volta ormai esanime, non c’è stato per lei nulla da fare.

Il suo corpo fu recuperato dopo diverse ore dalla piscina, divenuta ormai una pozza insanguinata.

Come raccontato da Steve Huxter, all’epoca responsabile dell’addestramento degli animali a Sealand: “Le orche non hanno mai avuto un giocattolo in piscina che fosse così interattivo. Si sono semplicemente eccitati e stimolati in maniera eccessiva”.

Anche a causa di questo incidente, Sealand fu costretto a chiudere e le orche furono trasferite presso la struttura SeaWorld a Orlando, in Florida.

E nel 1999 Tilly colpisce di nuovo.

La vittima è il 27enne Daniel Dukes, un uomo che aveva visitato il parco acquatico ed era rimasto dopo la chiusura, sfuggendo in qualche modo ai controlli.

Entrato nudo nel luogo dove Tilly (una bestia di 7 metri per ben 5.700 kg, per intendere le proporzioni) riposava, è ritrovato senza vita il giorno seguente con ferite che danno l’idea di una morte davvero atroce, sebbene la causa della morte ufficiale è l’annegamento.

Infine è il 2010 quando Tilikum uccide per la terza e ultima volta (e si tratta comunque di un fenomeno raro, se è vero che nel corso della storia sono solo quattro le vittime di orche in cattività).

La vittima è in questo caso la 40enne Dawn Brancheau, esperta trainer, aggredita ed uccisa da Tilly dinnanzi agli attoniti spettatori del classico spettacolo che vedeva protagonista l’orca. Accompagnati fuori dalla piscina dal personale, gli spettatori non hanno assistito a tutta la scena ma per Dawn non c’è stato comunque nulla da fare: afferrata per la coda di cavallo dall’orca, la 40enne è stata trovata con lo scalpo e un braccio pressoché mozzato.

Questa ultima morte ha avuto un’enorme eco, riportando in auge il dibattito circa l’eticità del tenere animali come le orche in cattività.

Un dibattito che è proseguito e prosegue anche oltre la morte di Tilikum, avvenuta nel 2017.

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