La Turchia si è ritirata dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne pur essendo stata la prima firmataria

Sulla base delle richieste mosse da conservatori e islamisti, Erdogan ufficializza l’uscita dalla convenzione, generando un’ondata di proteste a Istanbul e Ankara

Dopo una parentesi politica indubbiamente più progressista di quella attuale, la Turchia ha subíto nel corso degli ultimi anni una riduzione di diritti civili e di libertà senza precedenti, con un governo tendente sempre più allo schietto autoritarismo.

Erdogan, infatti, ha iniziato a prestare ascolto non solo ai gruppi maggiormente conversatori, ma anche a quell’ala islamico-radicale che ha ridotto all’osso i diritti civili e le normative a tutela, soprattutto, della popolazione femminile.

Il ritiro dalla convenzione di Instanbul contro la violenza sulle donne

Proprio nella giornata di oggi il governo ha annunciato la decisione di ritirarsi dalla convenzione internazionale di Instanbul contro la violenza sulle donne.
Un paradosso talmente grande da non avere praticamente precedenti nella storia se si considera che lo stesso trattato prende il nome dalla città turca nella quale venne ratificato, Istanbul, e, per tale motivo, la Turchia fu proprio la prima a firmarlo.

L’accordo internazionale, ideato nel 2011 e ratificato ufficialmente nel 2014, ha la finalità di combattere tutte le forme di violenza contro le donne, fra le quali le mutilazioni genitali femminili a cui ancora oggi tantissime bambine sono sottoposte, e violenze coniugali o familiari.

Secondo il parere di alcuni analisti politici, la decisione di Recep Tayyip Erdogan sarebbe una sorta di capitatio benevolentiae verso l’ala maggiormente conservatrice sia del suo elettorato che del suo partito, l’AKP.

Molti esponenti di quest’ultimo ritengono, infatti, che la convenzione di Instanbul sarebbe contraria ad alcuni precetti islamici in quanto favorirebbe sia il divorzio che l’omosessualità.

Manifestazioni di protesta a Istanbul Ankara

L’ipotesi che la firma dall’accordo venisse ritirata era nell’aria già da ormai un anno, provocando una serie di malcontenti fra la popolazione civile che, per mesi, ha portato avanti le proprie istanze attraverso una serie di manifestazioni contro la violenza sulle donne e contro la possibilità che la Turchia, prima firmataria della convenzione, si potesse ritirare.

La possibilità del ritiro è diventata oggi ufficialmente realtà, provocando un’ondata di indignazione generale in tutto il Paese, in particolare a Istanbul ed Ankara.

Fuat Oktay, vicepresidente della Turchia, ha motivato su Twitter l’uscita dall’accordo come una decisione finalizzata ad “elevare la dignità delle donne turche” sta “nelle nostre tradizioni e nei nostri costumi” senza il bisogno di imitare, a detta sua e del governo, esempi esterni.

Continuano ad aumentare le violenze in Turchia

Quel che è certo, comunque, è l’altissimo numero di violenze sessuali e di vario tipo che si continuano a verificare in Turchia.
L’associazione Fermeremo i femminicidi ha rilasciato dei dati a dir poco allarmanti: il 2019 si è chiuso con il tragico bilancio di 474 femminicidi.
Nella maggioranza dei casi, i rei degli omicidi sono i mariti delle vittime.
Nello scorso anno, invece, i femminicidi sarebbero stati almeno 300 e, nei primissimi giorni del 2021, le donne uccise da uomini sono state già 65.
L’OMS segnala che il 40% delle donne turche è vittima di violenza da parte dei propri partner o, comunque, da parte della famiglia.

 

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