L’abbraccio dei gemelli del gol e la rivincita a Wembley: ci vogliono ancora tre gare (e meno popopo)

Li chiamavano gemelli del gol, Roberto Mancini e Gianluca Vialli.

Merito di un allenatore iconico come lo jugoslavo Vujadin Boškov.

Corre l’anno 1986, l’allenatore che ha riportato l’Ascoli in serie A con una cavalcata trionfale siede sulla panchina dei blucerchiati – scelto da Paolo Mantovani.

Ha un colpo di genio: replicare quanto proposto da Azeglio Vicini nell’Under 21 qualche anno prima, mettendo il Mancio alle spalle di Vialli – sin lì poco convincente a Genova (anche a causa dell’equivoco tattico risolto solo da Boškov).

Da lì in poi cambia la storia: Vialli e Mancini si mostrano affiatati come non mai e così la bacheca blucerchiata – sin lì sguarnita – si popola di trofei.

Diverse coppe Italia, una Coppa delle Coppe e soprattutto uno Scudetto, primo ed ultimo nella storia della Samp.

L’anno successivo (è la stagione 1991/92) arriva la possibilità di vincere la Coppa dei Campioni.

I doriani arrivano in finale a Wembley, contro il Barcellona: al 112′ arriva la rete di Rambo Koeman a decidere l’incontro e per i gemelli del gol sono lacrime amare.

Vialli poi andrà alla Juventus (dove vincerà una Coppa dei Campioni), mentre Mancini rimarrà ancora parecchio a Genova prima di passare alla Lazio e un’altra impresa con la Lazio (lo scudetto 1999/00).

Entrambi si sono seduti quindi in panchina, da tecnici:

per Vialli una stagione e mezzo da giocatore-allenatore nel Chelsea prima del ritiro nel 1999.

Per Roberto Mancini il ritiro nel 2001 dopo una breve esperienza da calciatore a sua volta in Inghilterra, nel Leicester City.

In seguito, carriere discretamente differenti per i due:

per Vialli niente più panchine dopo una stagione alla guida del Watford nella seconda divisione inglese 2001/02 (per lui in precedenza diverse coppe alla guida dei Blues), per Mancini tante panchine in giro per l’Italia e per il mondo, con tanti titoli nazionali per lui.

Nessun titolo internazionale, per il Mancini allenatore, ad oggi.

Ma la speranza dell’Italia intera è che questo tabù possa essere infranto.

Perché dal 14 maggio 2018 il Mancio è commissario tecnico della Nazionale italiana e perché dal novembre 2019 Vialli è stato cooptato dalla Federcalcio come capo delegazione della nazionale italiana.

I gemelli del gol sono tornati e i loro abbracci dopo le due reti contro l’Austria (nella gara più difficile, sin qui, dell’Europeo azzurro) sono stati la cosa più bella vista dall’Italia che segue con passione gli azzurri (ed è questo l’unico innegabile merito di Mancini, aver riportato la Nazionale nel cuore degli italiani).

Per il resto, non è stata una Bella Italia – come sottolineato da un piccato (e rosicone, aggiungerei levando un po’ di poesia a quanto sin qui raccontato) Gary Lineker, ex leggenda del calcio inglese:

C’è stato forse troppo entusiasmo, come sottolineato da più parti, per vittorie molto convincenti ma contro avversari modesti.

Ci sono state troppe celebrazioni, troppe notti magiche e troppi po po po.

La speranza è che – assieme alla giusta gioia perché comunque il turno lo si è passato, anche grazie agli ottimi (seppur tardivi, forse) cambi – giunga una maggiore umiltà, fondamentale per arrivare in fondo.

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Perché, come sottolineato a fine partita da Mancini, è bello vincere a Wembley ed è bello passare un turno, ma ancora mancano tre gare affinché la notte del 20 maggio 1992 smetta di bruciare (almeno un po’):

“Se ci siamo ripresi qualcosa in questo stadio? No, è ancora lunga. Ne mancano tre per riprenderci quella notte..”

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