235 ghiri sequestrati dai carabinieri agli ‘ndranghetisti nell’Aspromonte: un rituale di morte centenario dietro

Sabato scorso i carabinieri di Delianuova (Reggio Calabria), paese dell’Aspromonte calabrese, hanno sequestrato 235 ghiri, ognuno imbustato in un sacchetto di plastica e conservato nel congelatore. Le forze dell’ordine ne hanno trovati altri vivi in gabbie per l’ingrasso, per poi essere uccisi e consumati.

Il ghiro, però, è specie protetta e proprio per questo è scattato l’arresto per tre persone, con l’accusa di cattura ed uccisione di animali di specie protetta. A loro si è arrivati nell’ambito di un’altra indagine che ha portato al ritrovamento di 730 piante di marijuana, scoperta in un terreno comunale, alla periferia sempre di Delianuova.

Il ghiro: cosa lo rende così prelibato agli occhi degli ‘ndranghetisti?

In una nota della Lipu, Lega Italiana Protezione Uccelli, di Reggio Calabria, si legge: “Le intercettazioni dei Ros – scrive La Lega – hanno infatti svelato che le famiglie mafiose della Locride, quando avevano la necessità di un incontro pacificatore, ricorrevano a pranzi in montagna a base di ghiri illegalmente uccisi. Questa scoperta rende ancor più grave la tolleranza verso il bracconaggio contro questi animali che è diffusissimo in Aspromonte e sulle Serre.”

Era il 2008 ed il monito della Lipu rientrava all’interno di un’indagine condotta dalla Dda di Reggio Calabria che ha portato all’arresto di duecento trafficanti internazionali di droga in Italia ed all’estero: gli ‘ndranghetisti intercettati al telefono, oltre che dei loro affari poco puliti, discutevano anche di come trascorrere in compagnia una giornata in montagna con gli amici stranieri. E gli interlocutori si raccomandavano con i gli organizzatori del banchetto affinché agli amici venissero offerti a pranzo ghiri arrostiti, eppure anni dopo non sembra essere cambiato molto.

Il bracconaggio, infatti, è ancora oggi all’ordine del giorno. Sono in tanti a violare la legge e a correre i rischi anche pesantissimi, pur di procurarsi questo roditore tanto prelibato. Centinaia di bracconieri, soprattutto nella Locride, percorrono in lungo e in largo l’Aspromonte e la Ferdinandea, nelle Serre catanzaresi per piazzare trappole sugli alberi e catturare i ghiri. Un pasto che viene poi venduto illegalmente anche in molti ristoranti. Ma è con la ‘ndrangheta che il ghiro acquista un valore “aggiunto”.

Un rituale di morte centenario

Si nasconde, infatti, un vero e proprio rituale dietro la caccia e la consumazione del ghiro, da sempre considerato il piatto più importante delle tavolate tra ‘ndranghetisti. Il ghiro, soprattutto arrostito, fa parte del rituale arcaico e non c’è pranzo o incontro pacificatore, dove non si pasteggia a base di questi roditori. Per il ghiro gli ‘ndranghetisti nutrono una vera e propria venerazione, animale che suggella i patti e le decisioni prese durante gli incontri tra i boss e i propri esecutori.

La leggenda narra, infatti, che quando ci si riunisce per decidere su una condanna a morte, il capo tavola (il boss più alto in carica), azzanna il ghiro per la testa e poi indica il nome di colui che deve essere soppresso.

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