La scienza riporta alla luce i volti di tre uomini egizi, vissuti più di 2000 anni fa: ecco come erano

Al 32esimo International Symposium on Human Identification (ISHI) di Orlando (in Florida), tenutosi ad inizio mese, un gruppo di scienziati del Parabon NanoLabs, ha presentato il loro ultimo progetto: sono state ricostruiti nel dettaglio i volti di tre mummie provenienti da un’antica comunità installatasi sulle rive del Nilo, nota come Abusir El-Meleq.

Lo studio è stato effettuando utilizzando una sequenza genetica vecchia più di 2000 anni. Gli autori dell’analisi ritengono che questa è la prima volta che tecniche avanzate di predizione dei tratti fenotipici – in questo caso fisici – sono state utilizzate con un DNA umano così antico.

Il DNA è stato ritrovato nel sito archeologico di Abusir El-Meleq, situato sulle sponde del Nilo, abitato approssimativamente tra il 3250 a.c e il 700 a.c. Gli individui in questione vissero in epoche diverse, dagli ultimi anni del Nuovo Regno al periodo romano dell’Antico Egitto. La mummia più antica risale al periodo tra il 776-569 a.c., la più giovane tra il 97-2 a.c.

I volti corrispondono a quelli di tre uomini, riprodotti ai tempi dei loro 25 anni, ipotizzando che avessero la pelle, occhi e capelli scuri. Ciò perché l’analisi del DNA ha riscontrato ascendenze ebraiche, e radici rispettivamente dello Yemen, del Marocco e della Tunisia.

Ellen McRae, direttore della bioinformatica presso Parabon NanoLabs, dichiara: “Siamo rimasti tutti sorpresi e affascinati nel vedere che il DNA non era simile ai moderni egiziani. E che, dei tre volti, solo uno sembrava egiziano, gli altri erano piuttosto del sud Europa per me, e questo è in realtà ciò che vediamo anche negli antenati: che queste persone erano, geneticamente, più simili alle persone del Mediterraneo rispetto alle persone che si trovano attualmente in Egitto”.

I risultati delle analisi quindi confermano gli studi secondo cui gli antichi egizi avevano più tratti medio-orientali rispetto all’attuale popolazione egizia, in cui l’influenza subsahariana è più prominente.

“Se si confrontano geneticamente questi individui con le popolazioni moderne, il loro DNA era più simile a quello di individui provenienti da Yemen, Tunisia e Marocco, e non tanto a quello delle persone che vivono oggi in Egitto”, continua McRae, “Potrebbero provenire da altre parti del Mediterraneo e non mostrano antenati africani, al contrario degli Egiziani moderni”.

La difficoltà principale del progetto, spiega McRae, è stata la datazione del DNA; essendo stato esposto nell’ambiente per migliaia di anni, anche dopo aver rimosso i batteri, molti dei dati di sequenza sono andati perduti. Per ricostruire le parti mancanti del puzzle gli scienziati hanno utilizzato strumenti molto avanzati basati sul calcolo statistico. Senza queste parti mancanti, la ricostruzione dei volti sarebbe stata impossibile.

Conclude così McRae: “Se possiamo farlo con il DNA di 2000 anni fa, ovviamente possiamo farlo con uno di 50 anni fa“.

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