Tutti pazzi per L’Amica Geniale, ma chi potrebbe essere Elena Ferrante?

Domenica scorsa è iniziata l’attesissima terza stagione de L’Amica Geniale, targata anche HBO (produttrice di altre serie tv di successo come Euphoria).

Avevamo lasciato Lenù e Lila in un appartamento popolare di Napoli, dopo mesi di silenzi e pensieri repressi. Le due amiche, infatti, si affacciano ai turbolenti anni Settanta da due prospettive molto differenti.

L'amica geniale
Lenù e Lila nella versione tv de L’amica geniale

Se Lenù si è guadagnata una posizione privilegiata, ma tanto sudata, di scrittrice all’interno della società patriarcale e profondamente conservatrice dell’epoca, Lila lavora nel salumificio dei Soccavo in condizioni così precarie per la sua salute da farle temere il peggio. E’ l’inizio del microcosmo che incontra il macrocosmo, le storie delle due amiche si intreccia, infatti, con le lotte di classe e le tensioni sociali post Sessantotto, legate anche all’emancipazione femminile. Un periodo, insomma, di piena agitazione politica in cui entrambe, anche se in maniera diversa, sapranno farsi spazio dando voce, finalmente, ai propri silenzi.

Nelle due puntate di stasera invece, La Cura e La Guerra Fredda, vedremo ancora Lila che non sembra migliorare, proprio per questo, Elena di fronte alle difficoltà dell’amica deciderà di denunciare la situazione del salumificio in un articolo di giornale, che verrà pubblicato dall’Unità.  In seguito, le due protagoniste saranno alle prese con la necessità di farsi prescrivere la pillola anticoncezionale, mentre Elena si sposerà con Pietro.

Genesi di un successo: il “geniale” mistero di Elena Ferrante

Ma prima di diventare una serie di successo in tutto il mondo, L’ Amica Geniale è soprattutto un romanzo di Elena Ferrante, pubblicato nel 2011. È il primo volume della serie letteraria omonima, che proseguirà con altri tre romanzi: Storia del nuovo cognome, Storia di chi fugge e di chi resta, Storia della bambina perduta.

Eppure, non è chiaro chi si celi realmente dietro l’autrice Elena Ferrante, nata a Napoli il 5 aprile 1943 ed inserita dal settimanale Time nel 2016 tra le cento persone più influenti al mondo.

Nel corso degli anni, infatti, si è diffusa l’opinione che, in realtà, il suo nome sia uno pseudonimo, malgrado la Ferrante non abbia mai rilasciato dichiarazioni. Ma questo silenzio, non ha fatto che incrementare le suggestione sulla sua identità. Tra le ipotesi più accreditate al momento ci sono quelle vorrebbero Anita Raja, moglie di Domenico Starnone nonché saggista partenopea e traduttrice di Starnone stesso, come la mente dietro L’Amica Geniale. Ma non solo. Tra i papabili “Ferrante” ci sono anche Goffredo Fofi, nato a Gubbio, e gli editori Sandro Ferri e Sandra Ozzola. Anche il critico e romanziere Marco Santagata ha tentato di svelare l’identità di Ferrante, dietro la quale, a suo parere, si celerebbe la storica normalista Marcella Marmo, docente all’Università “Federico II” di Napoli.

Tuttavia, nell’ottobre 2016 l’ipotesi che la Ferrante sia Anita Raja si è rafforzata in seguito alla pubblicazione di un articolo uscito sul Sole24ore e ripreso dalle principali testate internazionali che desume l’attribuzione dalle transazioni finanziarie per i romanzi proprio alla Raja, un metodo poco apprezzato da Sandra Ozzola, della casa editrice E/O senza che avvenisse mai però una vera smentita.

Eppure la Ferrante, dedita alla sua “missione”, non ha mai rivelato chi fosse e se questo fosse o meno il suo vero nome. Senza aver mai svelato, quindi, la propria identità, ha pubblicato il volume ‘La frantumaglia‘, proprio per soddisfare la curiosità del pubblico nei suoi confronti, raccogliendo le lettere dell’autrice al suo editore, le poche interviste da lei concesse e le sue corrispondenze con lettori d’eccezione. La funzione principale dell’opera è far comprendere al lettore i motivi che spingono l’autrice a rimanere nell’oscurità, un compito certamente più che nobile che va oltre il successo stesso.

La scrittrice stessa parla di un desiderio di autoconservazione del proprio privato, un desiderio di mantenere una certa distanza e non prestarsi alla spinta che alcuni scrittori hanno di mentire per apparire come ritengono che il pubblico si aspetti, mantenendo alte delle aspettative a lungo andare nocive. La scrittrice è convinta, infatti, che i suoi libri non necessitino di una sua foto in copertina né di presentazioni promozionali: devono essere percepiti come “organismi autosufficienti”, a cui la presenza dell’autrice non potrebbe aggiungere nulla di decisivo, dando vita, in questo modo, a un’inedita performance autoriale dell’assenza. E vista la fortuna dei suoi romanzi, la Ferrante ha fatto più che bene.

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