Guerra in Ucraina, l’incredibile posizione del Patriarca: “Bisogna purificarla dai gay”

Dopo le parole di forte condanna da parte di Papa Francesco per il conflitto in un Ucraina, che ha rinnovato il suo appello contro la pazzia e la crudeltà in corso, ci si aspettava una presa di posizione simile da parte del capo della Chiesa ortodossa, il Patriarca Kirill. Ma le sue dichiarazioni domenica, durante la Domenica del Perdono che apre la Quaresima in Russia hanno lasciato l’amaro in bocca. Ma facciamo un passo indietro.

Patriarca Kirill

Nei giorni scorsi sia realtà cattoliche che realtà ortodosse ucraine avevano chiesto al Patriarca di pronunciarsi sul conflitto. Kirill, infatti, è molto vicino a Vladimir Putin, le sue parole in qualche modo quindi potevano essere proprio quel deterrente – che si cerca ormai disperatamente – contro il presidente russo che è passato ora all’attacco incondizionato ed incontrollato dei civili, negando loro perfino dei corridoi umanitari, se non quelli che portano direttamente in Russia o in Bielorussia. Ma le cose sono andate molto diversamente.

Il Patriarca nel suo sermone non solo ha sostenuto apertamente l’azione di Putin, già di per sé pensiero abbastanza deprecabile per un uomo di Chiesa, ma ha anche giustificato la stessa invasione come qualcosa che ascende la semplice mattanza di vite umane, scorgendoci un significato intrinseco che ha pietrificato tutta la comunità internazionale.

Una crociata contro i gay

Le dichiarazioni di Kirill non hanno lasciato spazio altre possibili interpretazioni, prendendo una direzione opposta a quella degli appelli a lui rivolti, che chiedevano, invece, una presa di posizione contraria all’invasione russa: “Stiamo parlando di qualcosa di molto più importante della politica. Parliamo della salvezza umana.. siamo entrati in una guerra che non ha significato fisico ma metafisico”, ha spiegato invece il capo della Chiesa Ortodossa, parlando dell’invasione ucraina come crociata di “purificazione” dai gay, una sorta di missione contro le nazioni che difendono i diritti degli omosessuali e contro stili di vita giudicati peccaminosi e contrari alla tradizione cristiana da Kirill.

Parole forti, pesanti, difficili da digerire e per nulla consone al messaggio cristiano più antico, ma non si è fermato qui. Per il Patriarca il gay pride sarebbe la rappresentazione di uno spartiacque tra il bene il male, in quest’ottica l’azione speciale russa acquista un senso più che giusto per Kirill: “Oggi esiste un test per la lealtà a questo governo, una specie di passaggio a quel mondo “felice”, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della “libertà” visibile” – ha dichiarato sempre domenica – “Sapete cos’è questo test? È molto semplice e allo stesso tempo terribile: è una parata gay. Le parate del gay pride dimostrano che il peccato è una variabile del comportamento umano”, che andrebbe fortemente rifiutato e condannato perché comporterebbe “la fine della civiltà umana”, proprio come quando il patriarca ortodosso ucraino, Filaret, aveva detto che la pandemia fosse la punizione di Dio per i gay.

E parlando della regione del Donbass, Kirill, lo ha posto come esempio virtuoso di rifiuto delle lobby gay, simbolo di decadimento nell’Occidente che vuole rivendicare ed allagare in qualche modo il suo potere anche nel mondo ortodosso: “Che il Signore inclini la sua misericordia verso la terra sofferente del Donbass, che ha portato questo segno triste per otto anni, generato dal peccato e dall’odio umano”, ha concluso il Patriarca pregando per i caduti dell’esercito russo.

Eppure, il discorso di Kirill, per quanto doloroso, non stupisce più di tanto. Come già scritto, infatti, parte dell’invasione dell’Ucraina per Putin è legata alla presunta denazificazione del paese che, come faceva notare il Guardian però, riguarda più l’idea che siano gli ebrei gli agenti del decadimento morale. Secondo il fascismo europeo, infatti, sono gli ebrei che portano un paese sotto il dominio dell’élite globale ebraica, utilizzando gli strumenti della democrazia liberale, dell’umanesimo laico, del femminismo e dei diritti dei gay, che sono usati per introdurre decadenza, debolezza e impurità.

In altre parole, i cristiani russi sono bersagli di una cospirazione da parte di un’élite globale, che, usando il vocabolario della democrazia liberale e dei diritti umani, attacca la fede cristiana e la nazione russa. E’ all’interno di questo contesto che si genera il consenso del Patriarca a Putin, prendendo di mira proprio Volodomir Zelensky, simbolo di questa tendenza inarrestabile.

Tacchi a spillo e tuta mimetica

Volodomir Zelensky è l’eccezione che conferma la regola. Quella scheggia impazzita che ha fatto tanto storcere il naso a Putin e Kirill. E’ figlio di un nuovo mondo, di una nuova politica, di una nuova era alle porte della Russia, un “affronto”, questo, impossibile da accettare, perfino da tollerare, ma che ha finito per dare molto più risalto all’ex comico, un aspetto questo sottovalutato dal presidente russo che si avvia ancora più velocemente, insieme al Patriarca, sul viale del tramonto.

Nessuno prima della guerra aveva idea di chi fosse Zelensky, diventato ora simbolo di una guerra a tratti pop e molto glam: “Zelensky inaugura invece la guerra nell’epoca degli influencer e dei selfie. Come quelli che si fa col ministro della Difesa, Reznikov, o con cui s’immortala tra le strade e i monumenti di Kyiv per tenere alto il morale degli ucraini. Icona pop, esempio di coraggio indomito, ma anche esibizionista, come ogni attore che si rispetti, Zelensky è la nostra new hope”, parlano così di lui su ‘Il Foglio’, scorgendo in mezzo all’orrore della guerra per come la conosciamo, un nuova narrazione capace di trasformare anche le stragi dei civili e i missili in qualcosa di “instagrammabile”. Se sia giusto o meno spettacolarizzare anche la morte è difficile da dire al momento, eppure sembra essere l’unica strada percorribile.

La vecchia politica di Putin, insomma, fatta di ordini, terrore e proiettili, si scontra con una nuova strategia, vincente, a misura di social e popolarità, così il comico presidente che sfida indomito i retaggi poco fluidi del nostro passato diventa figlio del nostro tempo e salvatore dei nuovi valori laici: lo si vede vincitore della prima edizione ucraina del format “Ballando con le stelle”, poi attore e poi ancora ballerino con tuta in latex e tacchi a spillo, prima di diventare Presidente dell’Ucraina, in barba a tutti i principi ortodossi sostenuti dai cristiani dell’Est Europa.

La paura di Putin si è concretizzata, il cambiamento politico e sociale è vicino e non basterà, forse, nemmeno la deterrenza nucleare a fermarlo.

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