Omicidio Moro, dalla ‘ndrangheta alle istituzioni che lo tradirono: nuovi elementi bomba

Emergono le nuove dichiarazioni, e sono da pelle d’oca, di Antonio Cornacchia, l’ex generale dei Carabinieri che per primo trovò il corpo di Aldo Moro e di Fioroni, presidente della Commissione parlamentare d’Inchiesta. Tutti sapevano dov’era Moro, ma tutti lo volevano far fuori

I coinvolgimenti della ‘Ndrangheta, la Cia, il ruolo della politica italiana degli USA e dell’URSS. Pronunciando il nome di Aldo Moro si apre un vaso di pandora che, ogni qual volta lo si prova a scoperchiare, vengono fuori i peggiori veleni che hanno intossicato la Repubblica Italiana. E non solo.

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Sul caso del sequestro e della morte del presidente della Democrazia Cristiana ne sono state dette di ogni, e tanti sono stati i giornalisti che hanno provato, con coraggio, a ricostruire quello che accadde effettivamente ad Aldo Moro e quali siano le gravissime responsabilità istituzionali nella tragedia.

Fra gli ultimi contributi in tal senso emerge una nuova inchiesta condotta da Tpi, che oggi in edicola esce con un’inchiesta su quello che fu il possibile coinvolgimento della ‘Ndrangheta e della Cia nel caso Moro.

Era il 16 marzo del 1978 quando l’auto che trasportava il politico venne bloccata in Via Fani per rapirlo, uccidendo due carabinieri e tre poliziotti, tutti membri della scorta.

A parlare di questi coinvolgimenti, ma non solo, a Tpi è l’ex generale dell’Arma dei Carabinieri Antonio Cornacchia, all’epoca dei fatti Comandante del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Roma.

Parole che riaprono una ferita, la più dolorosa, quella del coinvolgimento e delle responsabilità delle istituzioni tutte nella morte del presidente della DC.  

Ma non solo le sole. A lanciare dardi avvelenati sulla vicenda è anche Giuseppe Fioroni, Presidente della commissione parlamentare sul rapimento e l’uccisione di Aldo Moro.

Moro, la ‘ndrangheta e le istituzioni che lo tradirono

L’ex generale Antonio Cornacchia fu il primo a ritrovare, in quel tragico 9 maggio del ’78, il corpo senza vita di Aldo Moro.

Racconta, con una certa dovizia di particolari, il momento in cui, dopo aver ricevuto la telefonata del colonnello Gerardo Di Donno, aprendo con un piede di porco il bagagliaio trovò il corpo del presidente avvolto in una coperta.

E’ lui a raccontare di essersi messo in contatto, durante i giorni del rapimento, con un latitante ‘ndranghetista: Antonio Varone detto Rocco.

Voleva informazioni, Cornacchia, su quello che stava accadendo a Moro. Ma Varone, per parlare, pose come condizione quella di avere il benestare della Mafia.

Il latitante, stando alle ricostruzioni fatte dall’ex generale, si recò da Frank Coppola a Pomezia, che gli avrebbe risposto, alle domande su Moro, che gli avrebbero dato dei soldi a costo di non interessarsi.

“Gli amici suoi non vogliono che torni vivo”, riferì. Gli amici suoi chi, viene spontaneo chiedersi? La politica tutta, i colleghi di partito?

Il ruolo della CIA nel rapimento di Aldo Moro

Interpellato, invece, sulla questione della CIA, per Cornacchia, tutti, dagli USA all’URSS, volevano che Moro venisse fatto fuori.

“Non fisicamente” – specifica – “ma dal punto di vista politico”. E da ragione a Calvino, quando scrisse nel 1978 sul Corriere della Sera che la verità non sarebbe mai venuta a galla.

E aggiunge una frase che dà i brividi: “A mio avviso tutte le istituzioni più interessate sapevano dove si trovasse. Non l’hanno voluto liberare”.

Moro pericoloso, andava fatto sparire

Sulla questione interviene anche Fioroni, presidente dalla Commissione parlamentare d’Inchiesta.

Dopo una ricostruzione su quelle che furono le trattative di scambio, e i canali per finanziare il riscatto del presidente che arrivarono fino a Israele, Fioroni prova a dire la sua di verità:

“C’è stato un tamponamento della verità. Persone di cui era stata accertata la presenza sulla scena del crimine a via Fani sono dovute sparire. Magari perché non si poteva spiegarne la presenza. Oppure perché non si era in grado di farlo. Quando è stato chiaro che non si poteva nascondere tutto, è passata la linea di affollare la scena del crimine di via Fani di tutto e di più. Per rendere impossibile per chiunque ricostruire una verità compiuta” – dichiara Tpi.

Ma non solo.

“A uccidere Moro sono state le Br, su questo non c’è dubbio. Ma il reato che uccide davvero Moro è anche l’omissione. Tutti quelli che potevano sapere fanno finta di non sapere. E chi sapeva qualcosa non ha detto nulla. Moro era pericoloso per l’ordine di Yalta: aveva come nemici tutti i Servizi che difendevano l’equilibrio della guerra fredda. Questi attori hanno favorito chi voleva ucciderlo”.

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