Giallo di Gianmarco Pozzi, spuntano due testimonianze inedite su debiti e giri di droga sull’isola

Due nuove testimonianze anonime potrebbero gettare luce sulle cause della morte di Gianmarco Pozzi, il campione di kick boxing originario di Roma trovato morto la mattina del 9 agosto scorso a Ponza

Che la causa della misteriosa morte di Gianmarco detto Gimmy fosse da ricercarsi nel giro di droga che dal litorale laziale va a Ponza era cosa nota, ma con le ultime due testimonianze anonime il quadro inizia ad avere finalmente una cornice.

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Il giallo di Ponza continua ad essere attenzionato da ‘Le Iene’, in particolar modo da Giulio Golia, che da mesi sta aiutando la famiglia a risalire alle origini di questa terribile quanto fosca vicenda.

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Le uniche testimonianze sono fortemente contraddittorie fra di loro, come avevamo già riportato in alcuni articoli precedenti, e che più che chiarire le dinamiche gettano ulteriormente nella confusione una famiglia già fortemente provata da quanto accaduto.

Finalmente, però, nuovi elementi si aggiungono alla ricostruzione del contesto ponzese. Lungi da noi screditare la realtà isolana: ciò che interessa ‘Le Iene’, come d’altronde tutti coloro che stanno seguendo il caso, è quel fil rouge che collega l’isola con la terra ferma, ossia con il litorale laziale, punto di snodo di un giro di droga nel quale va ricercata la verità.

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Una questione di debiti?

Nel servizio Golia, che inizialmente non ha messo l’accento sulla questione, pone in evidenza alcuni aspetti delle dichiarazioni di Vincenzo Pesce, proprietario del Blue Moon, il locale dove Gianmarco Pozzi lavorava come buttafuori.

L’isolano sembra che, al di là dei precedenti per spaccio su cui torneremo, avesse come da lui stesso dichiarato la passione per il gioco. Nel settembre del 2019, infatti, Pesce va in Slovenia e perde giocando una cifra parecchio importante.

Ma l’inverno si avvicina, il locale è chiuso in quanto apre solo nella stagione estiva e l’uomo non sa come procacciarsi il denaro necessario per pagare i debiti di gioco. In preda alla disperazione del momento decide, sempre stando secondo le sue dichiarazioni, di riprendere l’attività di spaccio momentaneamente e all’oscuro della famiglia, per tirare avanti qualche mese e accumulare il denaro necessario per pagare i debiti contratti.

Ma ne contrae un altro, quello con il fornitore che gli dà “la roba”: prende infatti da Roma 13.500 euro di cocaina, l’esatto equivalente della cifra che Pesce dovrebbe ai suoi creditori.

La rivende sull’isola, ma non paga il fornitore perché, a detta sua, quei soldi gli servivano “per andare avanti”. Quando Gianmarco muore, secondo le dichiarazioni, Pesce deve ancora al fornitore la cifra di 4.500 euro, per la quale, però, non riceve particolari “minacce” se non un unico episodio avvenuto, a quanto dice, dopo qualche giorno dalla morte di Gianmarco. Un amico del fornitore romano si sarebbe presentato al suo locale pretendendo di non pagare essendo Pesce in debito con l’amico. Niente di che, insomma, nessuna particolare minaccia di morte a suo dire.

Le testimonianze sugli affari ponzesi

Ed ecco che, durante il servizio, vengono mandate in onda due testimonianze di due soggetti, ovviamente anonimi, legati alle attività di spaccio fra la terraferma e l’isola. Si tratta di due corrieri che trasportavano dal litorale laziale la roba a Ponza per conto di Pesce. 

La prima testimonianza 

Il primo ragazzo, non è dato sapere né età né generalità, ovviamente, faceva a detta sua il corriere per Pesce, attività che è durata fino al 2019 circa.

Secondo questo testimone il proprietario del Blue Moon riforniva i piccoli spacciatori dell’isola: lui, in sostanza, dava la roba da spacciare. Il fornitore di Pesce si troverebbe, secondo quest’uomo, sulla terraferma.

Ma come portava la roba sull’isola? Semplicemente attraverso dei corrieri che venivano pagati appositamente per il “servizio”, attività svolta proprio da questo testimone, che specifica, però, un aspetto molto importante. Pare, infatti, che quello dei 13.500 euro non fosse l’unico debito che Pesce avrebbe contratto con dei fornitori romani.

Secondo questo testimone il rifornitore, a quanto pare legato a grossi giri nel laziale (non è dato sapere quali, ma quando Golia chiede “tipo Casamonica?” il testimone risponde “sì, tipo”), fosse fortemente indispettito dall’atteggiamento fuggitivo di Pesce rispetto ai pagamenti, al punto che quando una volta il corriere si presentò si rifiutò di dare altra “roba” a debito.

Inizialmente si parla di 8mila euro di debito con questo altro fornitore, ma secondo questo corriere si tratterebbe, in realtà, di un ammontare finale di 11mila euro: “I debiti di Pesce li sanno tutti”, dice testualmente il testimone anonimo, che aggiunge un altro dettaglio: “Vendeva roba di m****”.

Questo elemento lo pone in evidenza in quanto a detta sua Pesce, che non riuscirebbe ad avere un fornitore che gli procura coca di qualità, avrebbe chiesto a Gimmy di portargli da roba “quella buona” da Roma.

Nel servizio precedente, però, Pesce fa tutt’altra considerazione, ossia che in realtà Gianmarco e il coinquilino, Alessio, dessero in giro roba tagliata male e di scarsa qualità, ragione per la quale alcuni acquirenti si sarebbero andati a lamentare direttamente con lui di persona.

La seconda testimonianza 

Anche questo testimone è stato un corriere per Pesce. Il ragazzo ha contattato spontenamente la sorella di Gimmy, Martina, attiva in prima persona nel condurre un’indagine parallela con la famiglia. La contatta perché, dopo aver visto il servizio de ‘Le Iene’, vuole raccontare di aver vissuto una situazione per la quale se non avesse lasciato l’isola sarebbe finito come Gianmarco. Ma andiamo con ordine.

Pare che il ragazzo in questione avesse anticipato ben 14mila euro di pagamento di roba presa dalla zona di Roma e che avrebbe portato in prima persona sull’isola a Pesce.

Una volta giunto sul posto per consegnargliela, il proprietario del Blue Moon non avrebbe pagato, sempre secondo quanto riportato dal corriere, il quantitativo di soldi spettante per l’affare, soldi che sarebbero stati anticipati in contanti.

Per questo motivo il creditore avrebbe alzato la voce con Pesce tirandogli uno schiaffo, mentre quest’ultimo era fortemente alterato da alcool e cocaina (“Avevano fatto la m****, c’era cocaina ovunque sul tavolo”).

Si danno appuntamento il giorno dopo per saldare il debito ma, al posto di Pesce, si presentano quattro grossi uomini evidentemente di origini rumene che seguirebbero passo passo il ragazzo a cui Pesce doveva i soldi assieme all’amico che era lui.

I due si spaventano, capiscono che le cose stanno per finire male, e decidono di lasciare l’isola per la loro incolumità fisica. Ma ecco che il testimone in questione racconta una vicenda che, se confermata (cosa molto difficile da fare) aprirebbe uno spaccato non indifferente sull’ipotetico depistaggio sulla morte di Gianmarco.

Le minacce dei Carabinieri di Ponza: “Te ne devi andare tu sai perché”

Mentre lui e l’amico lasciavano l’isola i Carabinieri li fermano e gli dicono con fare minaccioso: “Te ne devi andare da Ponza”. Il ragazzo chiede giustamente il perché e i militari del posto rispondono: “Non ci devi venire più qua, tu lo sai il perché”.

Alla fine, dopo le minacce di portarli in caserma, i due abbandonano in fretta e in furia l’isola. Nessun arresto, solo minacce su qualcosa che i Carabinieri già sapevano. “Poi quello (riferendosi a Pesce, n.d.r.) ha il padre vigile, ex comandante, na cosa del genere”, dice il testimone, come a ribadire il fatto che Pesce, sull’isola, sia protetto. Ed effettivamente cercando online, ma era un elemento già noto fin dall’inizio, Vincenzo Pesce è figlio di Antonio Pesce, comandante della Polizia di Ponza. 

L’ipotesi di questo corriere, che non ha mai ricevuto tutta la somma dovuta a suo dire, è che Gianmarco gli abbia portato della roba che Pesce non avrebbe pagato.

Nella prima intervista a Vincenzo, è lui a dire a Golia: “Ma che secondo te Giulio, con i precedenti che ho, ho bisogno che Gianmarco mi porta la roba da Roma?”, dichiarazione alla quale Alessio, amico e coinquilino di Gimmy, reagisce con fastidio e in modo orgoglioso, come quasi volesse intendere che, appunto, fosse tutto il contrario.

Ma lui nega di aver dato assieme a Gianmarco roba a Pesce, nonostante quest’ultimo dica “mi hanno portato 70g” nella seconda intervista.

Ci rendiamo conto che è difficile da seguire l’avvicendarsi delle dichiarazioni, che si contraddicono l’una con l’altra. I corrieri danno, nella loro differenza, una versione praticamente simile, se non addirittura uguale, ossia che Gianmarco abbia portato la roba a Pesce e che quest’ultimo non gliel’abbia pagata. Il resto è facile da immaginare.

Non possiamo noi personalmente giungere ad una conclusione essendo in corso le indagini. Le domande, però, possiamo porcele: perché Gianmarco arriva sull’isola su chiamata diretta di Pesce e non tramite agenzia? Perché a luglio e non ad agosto come al solito? Chi e perché ha pulito la casa dove Gianmarco viveva ed in particolare il suo letto visto che, come disse Pesce a ‘Quarto Grado’, il giorno prima era nel totale disordine? E perché i coinquilini avrebbero mentito su Gianmarco? Dove sono le sue magliette e i suoi vestiti visto che a Martina la sorella è stata restituita una valigia e successivamente dei vestiti che non erano i suoi? Perché non è stata eseguita un’autopsia, non è stata posta sotto sequestro la casa e la zona dove è stato ritrovato il cadavere, di cui non è stata presa neanche la temperatura per appurare l’orario del decesso?

Potremmo andare avanti ancora per molto con queste domande, a cui ci si auspica risponderanno gli inquirenti anche grazie alle analisi del telefono di Gianmarco, che potrebbe parlare più di chiunque fino ad ora. Non è dato sapere l’attendibilità delle testimonianze dei corrieri, ma neanche, effettivamente, quelle di Pesce e Alessio. 

“Si arriverà a Dama?” chiede Paolo Pozzi, il padre di Gianmarco, in lacrime. E noi confidiamo che si arriverà.

 

 

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