Chi è Roberto Mancini, il poliziotto vittima delle Ecomafie cui è ispirato Io non mi arrendo

Rai 1 ripropone la miniserie televisiva ‘Io non mi arrendo‘, dove un magistrale Beppe Fiorello veste i panni di Marco Giordano, personaggio ispirato a Roberto Mancini, colui che per primo scoperchiò il vaso di Pandora sulla vicenda dello smaltimento dei rifiuti tossici in Campania.

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La trama in breve di ‘Io non mi arrendo’

Marco Giordano con dei colleghi inizia a investigare sui terreni dismessi di proprietà dell’avvocato Geatano Russo che sono adibiti come discariche per rifiuti tossici. L’indagine si rivela complicata per via delle interferenze dello stesso russo e di tutti quelli coinvolti nel losco affare. Archiviato il caso, Marco conduce la sua vita, fin quando non scopre di avere un tumore. L’inchiesta viene riaperta con 70 nuovi fascicoli consegnati a un giovane magistrato, Giovanni Cattaneo, poco prima della morte del protagonista.

Roberto Mancini, il primo a indagare sulle Ecomafie

Il problema dello smaltimento di scorie tossiche in Campania è stato portato alla luce per la prima volta da Roberto Mancini, poliziotto romano, e la sua squadra.
Nel 1994 inizia a svolgere indagini sui casalesi, fino a produrre una preziosa informativa che nel 1996 sarà consegnata direzione distrettuale antimafia di Napoli. Dall’informativa si evince come il collegamento tra il clan e le aziende sia l’avvocato Cipriano Chianese.

Gli anni successivi sono all’insegna dei depistaggi e lo stesso Mancini verrà trasferito.
Durante questo periodo Roberto Mancini collabora con la Commissione rifiuti della Camera. L’indagine, precedentemente archiviata, viene riaperta nel 2011, quando il pm Alessandro Milita convoca Mancini come teste nel processo per disastro ambientale e inquinamento delle falde acquifere in Campania.

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Per colpa delle esposizioni tossiche subite durante gli anni di ligio servigio, nel 2002 a Mancini è diagnosticato un linfoma non-Hodking. L’indennizzo concesso, a seguito della certificazione del comitato di verifica del Ministero delle Finanze, pari a 5000 euro è stato sempre giudicato insufficiente anche solo per coprire le spese mediche.

Roberto Mancini muore il 30 Aprile 2014. Nel settembre dello stesso anno, in seguito alle manifestazioni e petizioni, gli viene riconosciuto lo status di ‘vittima del dovere’ e della medaglia d’oro al valore civile, concessa dalla Regione Campania:

“Per l’essersi prodigato, nell’ambito della lotta alle ecomafie, con straordinario senso del dovere ed eccezionale professionalità nell’attività investigativa per l’individuazione, nel territorio campano, di siti inquinati da rifiuti tossici illecitamente smaltiti. L’abnegazione e l’incessante impegno profuso, per molti anni, nello svolgimento delle indagini gli causavano una grave patologia che ne determinava prematuramente la morte. Mirabile esempio di spirito di servizio e di elette virtù civiche, spinti fino all’estremo sacrificio”.

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