La Cina apre al terzo figlio a coppia: come sono cambiate le politiche di natalità nella storia?

La popolazione cinese sta invecchiando progressivamente e Pechino ha deciso di correre ai ripari. 

Il Politburo, l’ufficio politico del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, ha stabilito nell’ultima riunione che le famiglie cinesi possono ora avere fino ad un massimo di tre figli. Si tratta di una delle misure principali per contrastare un’età media che sta raggiungendo soglie preoccupanti.

Nel corso della riunione, ospitata dal presidente Xi Jinping, è infatti emerso che il tasso di fertilità del Paese è pari a 1,3 figli per donna: un livello che la Cina ritiene necessario innalzare, in quanto allo stato attuale non sarebbe sufficiente a garantire un livello stabile della popolazione.

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La decisione del Politburo si basa soprattutto sul settimo censimento nazionale, effettuato lo scorso anno, che ha messo in evidenza come le persone con più di 60 anni siano oltre 264 milioni, mentre gli under 14 sono 253,38 milioni di persone.

Nel 2015 interrotta la politica del figlio unico

L’intenzione di Pechino, come riportato dalle testate locali e anche dal quotidiano “La Repubblica”, è quindi di introdurre “importanti politiche e misure” che vadano ad arrestare questo trend.

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La possibilità del terzo figlio è senz’altro la più importante, dato che si tratta di un nuovo allentamento a soli sei anni di distanza dal precedente. Per diversi decenni il Partito Comunista Cinese aveva portato avanti la politica del figlio unico, introdotta verso la fine degli anni ’70 dall’allora leader Deng Xiaoping con l’obiettivo di porre un freno all’espansione della popolazione.

Nel dicembre 2015 la Cina ha poi aperto alla possibilità di avere due figli per ogni famiglia, fino alla decisione stabilita nell’ultima riunione.

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