“Ho dovuto vendere le mie figlie, poi i miei reni”: nuove drammatiche testimonianze dall’Afghanistan

I recenti sconvolgimenti politici avvenuti in Afghanistan, con il ritorno al potere dei talebani, non hanno fatto altro che acuire situazioni di profonda povertà e disagio già gravemente persistenti nel paese.

Il “Guardian” mette in evidenza le storie di alcune donne, costrette ad accettare un prezzo terribile per andare avanti. E’ il caso di Delaram Rahmati, che vive in una capanna di fango con un tetto di plastica in uno dei bassifondi della città di Herat.

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La siccità ha reso il loro villaggio invivibile e la terra impraticabile. Assieme a circa 3 milioni e mezzo di afgani, costretti a lasciare le loro case, anche la famiglia Rahmati ora vive in un quartiere per sfollati interni (IDP).

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Non c’è lavoro, e la 50enne deve far fronte alle spese ospedaliere per due dei suoi figli – uno paralizzato e l’altro affetto da una malattia mentale – oltre alle medicine per il marito.

“Sono stata costretta a vendere due delle mie figlie, una di otto e sei anni”, racconta al Guardian. Le piccole sono state vendute alcuni mesi fa per 100.000 afgani ciascuna (circa 830 euro) a famiglie sconosciute. Le sue figlie rimarranno con lei fino al raggiungimento della pubertà e poi dovranno lasciare la propria madre.

“Ho dovuto vendere anche il mio rene”

Tuttavia, come racconta la donna, vendere il futuro delle sue figlie non è stata l’unica decisione terribile che è stata costretta a prendere. “A causa dei debiti sono stata costretta a vendere il mio rene“, rivela la 50enne.

L’Afghanistan, stando all’ultimo report dell’ONU, è sull’orlo di “una crisi umanitaria e un collasso economico“, dato che sta “vivendo la peggiore crisi umanitaria della sua storia contemporanea”.

La siccità, il Covid-19 e le sanzioni economiche imposte dopo la presa del potere dei talebani nell’agosto 2021 hanno avuto conseguenze catastrofiche sull’economia. I drammatici aumenti dell’inflazione hanno portato all’impennata dei prezzi dei generi alimentari.

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Tutto ciò non fa che incrementare la pratica del commercio di reni, ma da quando i talebani hanno preso il potere sono cambiati il prezzo e le condizioni in cui avviene il commercio illegale. Il prezzo di un rene, che una volta variava da 3.000 a 3.500 euro, è sceso a meno di 1.300 euro. 

“Non ho scelta, devo sfamare i miei figli”

“Sono passati mesi dall’ultima volta che abbiamo mangiato del riso. Difficilmente troviamo pane e tè. Tre sere a settimana non possiamo permetterci di cenare”, dice Salahuddin Taheri, 27 anni, padre di quattro figli, che vive nello stesso “slum” della famiglia Rahmati.

Anche lui sta cercando un acquirente per il suo rene. “Sono molti giorni che chiedo agli ospedali privati ​​di Herat se hanno bisogno di reni. Ho anche detto loro che se ne hanno bisogno urgente, posso venderlo al di sotto del prezzo di mercato, ma non ho avuto risposta”, dice Taheri. “Ho bisogno di sfamare i miei figli, non ho altra scelta”.

 

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