Potreste essere bannati: fate attenzione a che WhatsApp usate

WhatsApp ha avvertito i suoi miliardi di utenti in tutto il mondo che l’eventuale download dell’app non ufficiale potrebbe causare il ban dalla piattaforma di messaggistica.

Un avviso che la celebre applicazione ha ritenuto di dover diffondere dopo aver riscontrato l’esistenza di un’app Android non supportata (diventata rapidamente virale) che afferma di poter sbloccare alcune nuove funzionalità di messaggistica di WhatsApp.

L’app si chiama “GB WhatsApp” e si vanta di offrire agli utenti la possibilità di inviare più immagini contemporaneamente e utilizzare risposte automatiche come “Sono in riunione” e simili.

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Inoltre, l’app in questione afferma di poter garantire all’utente di mantenere nascoste le conferme di lettura pur potendo vedere lo stato di lettura degli altri utenti.

WhatsApp ha avvertito che il download di tale software di terze parti non supportato potrebbe costare molto caro: in parole povere, chi decide di scaricare questa app può andare incontro al ban (prima temporaneo, poi definitivo) su WhatsApp.

WhatsApp non fa sconti: “Chi non passa all’app ufficiale viene bannato”

“Se hai ricevuto un messaggio in-app che indica che il tuo account è ‘temporaneamente vietato’, significa che probabilmente stai utilizzando una versione non supportata di WhatsApp invece dell’app WhatsApp ufficiale”, si legge nella nota pubblicata sul proprio sito web dall’azienda di proprietà di Facebook.

“Se non passi all’app ufficiale dopo essere stato temporaneamente escluso, il tuo account potrebbe essere bannato definitivamente”, aggiunge WhatsApp.

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“GB WhatsApp” non è disponibile sul Google Play Store ma solo su repository di app non ufficiali online che costringono gli utenti a disabilitare alcune delle protezioni attivate di default su Android durante il download, come riporta anche il Mirror.

“Queste app non ufficiali sono sviluppate da terze parti e violano i nostri Termini di servizio – conclude la piattaforma – WhatsApp non supporta queste app di terze parti perché non possiamo convalidare le loro pratiche di sicurezza”.

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