Omicidio Willy, l’incubo in carcere dei fratelli Bianchi tra chiodi nel dentifricio e sputi nel cibo

La vita in carcere per Marco e Gabriele Bianchi sembra essere più dura di quello che i due fratelli potevano aspettarsi.

Sono proprio gli imputati per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte a raccontare cosa accade nel carcere di Rebibbia, in particolare trattamenti tutt’altro che cortesi di cui sarebbe vittima anche l’altro accusato, Mario Pincarelli. 

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Le intercettazioni effettuate dai carabinieri e successivamente rese pubbliche dal quotidiano “La Repubblica”, che riguardano una conversazione del 16 ottobre 2020 tra Marco Bianchi e suo fratello Alessandro (che si era recato a Rebibbia in visita al fratello, ndr), fanno emergere i dettagli di ciò che viene “riservato” agli accusati della morte del giovane Willy.

Tra le tante cose raccontate da Marco Bianchi, spicca quel riferimento al “chiodo nel dentifricio”, ma anche “mi sputano nella pasta”. Inoltre, Marco Bianchi spiega al fratello come venga chiamato “infame” all’interno di Rebibbia.

Mario Pincarelli: “Spero che mi danno il meno possibile”

Gli altri detenuti del carcere romano avrebbero preso di mira anche Mario Pincarelli, l’altro imputato dell’omicidio del 21enne, avvenuto nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020.

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Alcuni carcerati avrebbero infatti urlato a Pincarelli di impiccarsi, provandolo talmente tanto sul piano psicologico da portarlo a pensare davvero al suicidio.

Ma in una conversazione con suo padre Stefano ha spiegato di non voler comunque arrivare al gesto estremo: “Prima cosa Gesù Cristo se ti ammazzi da solo non ti perdona, seconda cosa tengo la famiglia mia che sta di fuori – afferma Mario Pincarelli – spero che me danno meno possibile, quando ariscio (riesco), se vado alla comunità”.

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